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Così salvano le foreste

Marinella Correggia
Articolo uscito sul manifesto del 9 aprile 2010


Messico centrale: centinaia di contadini indigeni Zapotec sono gestori - o potremmo dire tutori - di un insieme diversificato di attività forestali. E' un modello importante di impresa comunitaria che offre mezzi di sussistenza alle popolazioni locali e preserva l'ambiente naturale. Gli agricoltori di Ixtlán de Juarez, comunità forestale sulle montagne della Sierra Norte, gestiscono in comune ben 21.000 ettari di foresta di pini e querce. Non è un caso isolato: sono diverse le comunità zapoteche messicane a essere titolari di simili "imprese" senza proprietà privata. L'incremento nel benessere collettivo risulta evidente dal fatto che le migrazioni verso le città sono diminuite. A Ixtlán il lavoro volontario per la comunità è "obbligatorio": per almeno venti giorni all'anno ogni membro si dedica ad attività come la lotta contro gli incendi, la riparazione delle strade, ma anche compiti di polizia e presidenza municipale. Il tutto è organizzato dall'assemblea dei membri che si incontra in lunghissime sessioni quattro volte all'anno. In cambio gli appartenenti alla comunità ricevono benefici notevoli, se paragonati ad altre regioni povere: assistenza sanitaria e sociale, redditi al di sopra della media, accesso a prestiti, pensione ecc. L'impresa forestale collettiva di Ixtlán occupa 280 persone.

Esempi come questo sono stati raccontati dai partecipanti alla conferenza internazionale sulle attività forestali comunitarie organizzata a Montpellier, Francia, dal Centro per la ricerca forestale internazionale con sede in Indonesia e da istituzioni francesi per lo sviluppo.

La sopravvivenza della gran parte delle foreste dipende da quella delle comunità locali. Sono loro, più che gli stati e il mercato, a poter affrontare davvero la sfida. Un quarto delle foreste che rimangono nel mondo sono controllate da circa un miliardo di "gestori" locali, ha affermato Estebancio Castro Diaz, esponente della nazione Kuna in Panama e direttore esecutivo della Alleanza internazionale dei popoli indigeni e tribali delle foreste tropicali. E' che le comunità residenti vedono nella foresta un "negozio pieno di risorse a cui attingere, non solo legname da abbattere". Così, oltre il 90% degli ecosistemi arborei controllati dai Kuna sono tuttora integri.

E' evidente il contrasto con l'ipersfruttamento delle terre comuni, dei mari e delle altre risorse da parte delle imprese statali o private. Le comunità locali insomma, basate come sono su valori condivisi e mutua fiducia, possono evitare la ben nota "tragedia dei beni comuni" - l'eccessivo sfruttamento- stabilendo e applicando regole per conservare la biodiversità e il territorio.

Questo non significa che gli alberi non siano mai tagliati: il prelievo di legname porta reddito, ma è gestito pensando al lungo periodo. Se le foreste primarie non vanno probabilmente toccate, le altre vanno gestite saggiamente. Delle 2.300 comunità messicane che fra le altre attività annoverano la produzione di legname, circa un terzo ha attrezzature proprie, comprese le segherie e i mobilifici, un esempio unico in America Latina. Dove in genere il legname è raccolto da imprese commerciali a detrimento delle popolazioni e dell'ambiente. Per migliorare la situazione, alcune organizzazioni internazionali fra le quali la Fao e l'Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) hanno dato vita alla Partnership "Growing Forests" il cui obiettivo è sia assicurare che le comunità indigene locali siano coinvolte nelle politiche forestali governative
La Rinascita

 
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