Rayen Kvyeh, è stata più volte in val di Susa, in rappresentanza del suo popolo di combattenti, i Mapuche. Rayen tornerà a trovarci verso la fine di aprile, ma per ora ci manda una sua poesia…
E I CILIEGI MI RACCONTARONO…
Per le strade montuose della VAL DI SUSA
i ciliegi mi abbracciarono
e mi chiesero:
conosci gli uomini del TAV ?
Io dissi di no.
Allora mi chiesero:
come potrebbero percepire
gli uccelli battere le ali
se non hanno ascoltato il loro canto ?
Come potrebbero vedere i fiumi e le sorgenti
se non hanno bevuto quelle acque ?
Come potrebbero percepire la vita
delle montagne
se non hanno sentito la loro forza
vitale e protettrice per l’umanità
di ieri, di oggi, e di domani ?
Nella Val di Susa i ciliegi mi abbracciarono
ed il profumo dei loro fiori
impregnò il mio corpo,
e nelle mie mani porto nel mondo
la bandiera bianco e rosso
delle donne e uomini
del NO TAV.
LA LUNA DOLENTE DI RAYEN KVYEH
di Antonio Melis
Luna de cenizas (Luna di cenere) è una raccolta poetica che Rayen Kvyeh ha voluto scrivere in spagnolo, quasi per non contaminare il suo mapudungun, la lingua dei mapuche, con le parole legate all’esperienza del carcere. La prima parte del libro, dalla quale sono tratte le prime due poesie, ci restituisce insieme la violenza della reclusione e la capacità di resistenza che fa parte del patrimonio genetico del popolo mapuche. È una forza che viene dalla mapu ñuke, da quella terra madre che dà il titolo a una delle sue poesie più conosciute. Si manifesta attraverso la natura, ma anche attraverso gli affetti familiari e lo spirito comunitario. Le ragioni della vita si oppongono ai messaggi di morte che provengono da un potere arbitrario. L’immagine dell’”embrione ribelle” suggella in maniera indimenticabile questa professione di lotta e di dignità. Nella seconda poesia, oltre al rapporto con la luna che richiama il nome della poetessa (kvyeh in mapudungun significa ‘luna’), troviamo soprattutto la metafora dei libri come strumento di liberazione. La montagna che essi costruiscono si spinge fino alla finestra della cella, per conversare con la luna e rompere le catene.
La seconda parte del libro, intitolata “Menzogne moderne”, contiene brevi poesie di denuncia, che assumono toni quasi epigrammatici. Al centro sta un altro tema cruciale per Rayen e per il suo popolo. La difesa della natura è parte integrante della difesa della propria identità, contro l’assalto dell’”uomo progressista”, animato da uno spirito di onnipotenza.Lo stravolgimento dell’ordine naturale viene rappresentato da un albero sterile, dove il verde non è quello delle piante, ma del denaro che prepara strumenti di morte. In “Uomo Moderno” questo delirio si concretizza nel riferimento puntuale alle dighe costruite per imprigionare l’acqua, uno dei simboli più universali di libertà. C’è un’allusione esplicita alla battaglia del popolo mapuche contro le multinazionali che costruiscono i grandi invasi, provocando l’inondazione delle terre che da millenni appartengono agli indigeni. Nell’ultima poesia tradotta da questa sezione, prevale il sarcasmo verso la carità pelosa dei grandi della terra, che si degnano di lasciare le briciole alle loro vittime, per salvarsi l’anima.
Con questa raccolta Rayen dimostra di saper usare alla perfezione la lingua del winka, del dominatore di origine europea, facendo esplodere dall’interno e trasformandola in uno strumento di lotta.