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21 febbraio – Il film “QUI” al Berretti, proiezione dopo la manifestazione no tav

21 febbraio – Il film “QUI” al Berretti, proiezione dopo la manifestazione no tav

QUI
L’ultimo film di Daniele Gaglianone
torna a grande richiesta in programmazione al CineTeatro Baretti
Sabato 21 febbraio, ore 21 (giornata della manifestazione popolare a Torino del movimento NO-TAV)
Domenica 22 febbraio, ore 18 e 21
Lunedì 23 febbraio, ore 21

Ingresso: intero 5€ | ridotto 4€ | aiace 3,50€
CineTeatro Baretti, Via Baretti, 4 – Torino

“Non è un documentario che pretende di essere super partes perché l’imparzialità non esiste. È un documentario schierato, ma non fazioso. Al di là della Val di Susa ci s’interroga sul dove stiamo andando.
La nostra classe dirigente potrebbe cominciare col chiedersi perché la gente lì non va più a votare invece di chiamare la polizia. Qui non si vuole far polemica, ma si vuole riflettere”.

Chi sono coloro che da 25 anni si oppongono al progetto Tav Torino-Lione?
QUI è il racconto in soggettiva di 10 uomini e donne che da 25 anni si oppongono al progetto Tav: chi sono, quale è il pensiero che guida la loro tenace ribellione.
Gabriella Titonel, Aurelio Loprevite, Nilo Durbiano, Cinzia Dellepezze, Alessandro Lupi, Guido Fissore, Marisa Meyer, Luca Perino, Paola Jacob, Francesco Perino: un sindaco, un attivista di Radio Black Out, un’infermiera, un consigliere comunale e coltivatore di castagne, una signora che gestisce un agriturismo, un informatico con la passione per la fotografia… 10 cittadini qualsiasi, che hanno scelto di lottare, ogni giorno, QUI.
10 ritratti, fatti di parole e silenzi, che raccontano la stessa amara scoperta: il tradimento della politica nazionale, accusata di aver abbandonato i cittadini al loro destino, lasciandoli soli a vedersela con la polizia antisommossa.
QUI, in valle di Susa, il blackout democratico tra Stato e cittadino è esploso prima che altrove, e in modo devastante. Così, persone diversissime tra loro si sono ritrovate dalla stessa parte ad abitare la medesima lotta, interrogandosi sul futuro e cercando risposte.
Comunque la si pensi sull’alta velocità, quelle voci rivelano che chiunque di noi potrebbe trovarsi al loro posto, di fronte a scelte difficili. La valle di Susa non è più una periferia dell’Occidente, ma un crocevia d’Europa: in un continente dove si rischia giorno per giorno di ridiventare sudditi, nella valle che collega Torino alla Francia si lotta innanzitutto per restare cittadini.

Note di regia

Se l’asse cede, se la
voce affonda,
c’è qui
nell’aria, la
parola-ramo
che ci tiene.
[Elisa Biagini, Impatient of the fewest words (dialogo tra Emily e Paul)]

A volte bisogna aggrapparsi alle parole: chi le pronuncia e chi le ascolta. Quando sembra che non restino che quelle perché il resto non c’è più ed è finita, oppure quando si sente che solo da quelle si può ricominciare. Nei ritratti di questo documentario un gruppo di persone si racconta attraverso parole e silenzi. Con vissuti tra loro lontani e con attitudini distanti, si sono ritrovati dalla stessa parte ad abitare la stessa lotta contro la linea ad alta velocità Torino Lione che dovrebbe passare in Valle di Susa, una valle già attraversata da due statali, un’autostrada e una linea ferroviaria dove transitano i TGV, Train à Grande Vitesse. Per alcuni questa nuova linea pare rappresentare la linea Maginot del futuro del paese; per altri è un’opera inutile economicamente, devastante per l’ambiente e per le finanze pubbliche. Nel corso degli anni la politica – quella mediaticamente intesa come politica dei partiti – sembra essere scomparsa intorno al problema, i
ncapace di gestire una situazione lasciandola incancrenire (oppure scientemente convinta di doverla gestire esattamente così). In val di Susa invece non è scomparsa, o è ricomparsa, in questi 25 anni di opposizione al progetto, la politica intesa come incontro fra gente che discute sul proprio presente e sul proprio futuro, fra gente che si ritrova per porre delle domande insieme e insieme a cercare delle risposte. Ma nel frattempo una questione politica, sociale ed economica è stata fatta slittare sul piano inclinato dell’ordine pubblico. La questione non è più treno si, treno no ma è diventata sistema – questo sistema – si, sistema no. E allora, sempre di più, il rapporto tra cittadino e stato si riduce alla sola relazione con un agente in tenuta antisommossa. Per alcuni tutto questo non fa che svelare con evidenza la truffa di un sistema di fisiologica prevaricazione; per altri è la crisi inaccettabile e umiliante della fiducia nella democrazia. Non sono nodi che r
iguardano solo la val di Susa: nel nostro paese sono sempre più numerosi i fronti in cui tutto sembra ridursi ad una faccenda da sbrigare chiamando la polizia.
QUI è una parola che viene pronunciata spesso durante i racconti presenti nel documentario. Indica che qui e ora, in questo posto e in questo preciso momento, sta accadendo qualcosa. Indica un luogo in cui si vive e si subisce qualcosa che è vissuta come un’ingiustizia ma indica anche una possibilità di vivere qualcosa di unico e irripetibile. Siamo qui e non altrove. Siamo in val di Susa e non in un altro posto. Eppure, anche se tuto rimanda a fatti e ambienti molto concreti, i racconti svelano, dietro l’urgenza dell’accadimento e dell’attualità, una dimensione che trascende le stesse cause scatenanti del confitto: e allora QUI non è altrove: è ovunque. Le cose narrate, i volti (amareggiati, arrabbiati, tristi, allegri, e di un’allegria inconsueta, liberatoria e liberata) che le raccontano al di là delle parole, le parole stesse, si rivelano anche come un’astrazione, una riflessione su una condizione che non è solo quella di chi si trova laggiù, in un angolo di
mondo: è la intensa consapevolezza di trovarsi di fronte a una contraddizione profonda del nostro modo di vivere che riguarda tutti, anche quelli che pensano che laggiù (qui), questi notav son solo degli imbecilli, dei disadattati, dei recalcitranti disfattisti, dei montanari bifolchi ed anche egoisti, dei sabotatori cripto-terroristi che non vogliono piegarsi allo “stato democratico” e al “volere della maggioranza”. E allora, dopo aver fato un documentario come questo, può suonare paradossale scrivere che le persone incontrate durante la visione potrebbero persino avere torto: la Torino Lione è “utile e necessaria”. Io credo nelle ragioni dei protagonisti del documentario. Ma alla fine, a me come regista di questo film, non è più questo che importa, il torto o la ragione. A me importa che alla fine di questo viaggio chi ha guardato questi volti e ascoltato queste voci comprenda che è possibile trovarsi nella loro condizione e fare le loro scelte, e che tutto ques
to, QUI E OVUNQUE, merita molto rispetto. E anche tanta gratitudine.
[Daniele Gaglianone]

CineTeatro Baretti Via Baretti 4 – 10125 Torino
Tel. e fax +39 011 655 187 info@cineteatrobaretti.it; www.cineteatrobaretti.it.
Ingresso: intero € 5; ridotto € 4 (over 65, under 25, disabili, militari). Aiace € 3,50

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