mercoledì, luglio 3, 2024
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Da Susa a Chiomonte: lo scavo al contrario per paura dei no tav

Da Susa a Chiomonte: lo scavo al contrario per paura dei no tav

Scavare il tunnel iniziando dal centro della montagna! Utilizzare la discenderia che si sta realizzando a Chiomonte e al fondo di questa partire con lo scavo andando in direzione di Susa. Questa l’ipotesi su cui da qualche tempo si vocifera. La motivazione è una sola: dribblare la protesta dei no tav. Aprire un cantiere in mezzo alla Valle comporterebbe serissimi problemi data l’ostinata opposizione dei valligiani. E allora ecco la soluzione, usare come base il cantiere-fortino in Val Clarea e farlo diventare il cantiere principale non solo per il tunnel geognostico, ma per il tunnel di base.

Più facile a dirsi che a farsi, quest’idea astuta per la difesa del cantiere è un ginepraio dal punto di vista tecnico. Basti pensare che attualmente il cantiere per il tunnel geognostico in Clarea è grande 32.000m2 ed è stretto in un angusta valle tra un torrente e le ripidi pendici dei monti senza possibilità di allargamento, mentre per il tunnel di base nella piana di Susa erano previsti cantieri per 280.000m2. Il trasporto del materiale di scavo fuori dal cantiere e di tutti i materiali necessari all’opera (ferro, cemento…) al suo interno sarebbe assai complicato e persino più impattante che a Susa. Ma si sa, tecnicamente si può risolvere praticamente tutto; basta avere i soldi. Tanti soldi. Se poi questi soldi non sono tuoi, ma dei cittadini, tanto meglio. E oggi sul Fatto Quotidiano è uscita una ipotesi di quanti sarebbero questi soldi necessari a cambiare radicalmente il progetto: 250-300 milioni di euro.

Una bella cifra, specialmente considerando che si tratta di un aumento per realizzare una tratta tutto sommato modesta dell’intero tracciato. Proviamo a spiegarci. Il tunnel di base in progetto è lungo circa 57,5Km. Di questi circa 45 in territorio francese e 12,5 in Italia. Ma non è che la Francia si paga la sua parte e così l’Italia. No, il totale viene diviso fra i due stati e la Francia paga circa il 42%, pur avendo sul suo territorio la maggior parte dell’opera, e l’Italia il 58% pur avendone una piccola porzione. Per comprendere quanto incide il cambio di progetto bisogna considerare il costo della parte in Italia, perché è su questa che cambierebbe la cantierizzazione. Nella Relazione di sintesi costi di investimento, a pagina 3, si dice che “la valutazione economica della soluzione tecnica di riferimento descritta nel dossier di revisione del Progetto Definitivo determina, per la sola tratta in territorio italiano un costo di costruzione (comprese alee ed imprevisti) di: 2148 M€ in valore 1° gennaio 2012.”

Se consideriamo corrette le cifre del Fatto e ipotizziamo un aumento di 250 milioni di euro vuol dire che il costo dell’opera lato Italia crescerebbe del 12%, che poco non è.

Lo diciamo da tempo, il Tav in Val Susa non è un treno, ma un buco nero nelle finanze pubbliche, e questa ne è la dimostrazione, l’ennesima.

In ogni caso non vorremmo essere nel ministro Lupi e nel presidente Renzi che dovranno spiegare ai loro omologhi francesi che i costi continuano ad aumentare perchè in una piccola valle alpina c’è una irriducibile comunità che strenuamente, nonostante militarizzazione e condanne, continua a resistere. Potrebbero regalargli un fumetto di Asterix, il paragone regge; e per quanto ci riguarda possono pure immaginarsi di incominciare gli scavi dalla Luna, noi continueremo a mettergli i bastoni fra le ruote, facendo un favore non solo alla nostra Valle e ai nostri figli, ma anche alle poche risorse pubbliche. Perchè ogni euro speso per il Tav è un euro rubato a qualcosa di utile per tutti, sia incominciando da Susa che da Chiomonte.

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