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Il boomerang dell’accusa di terrorismo

Il boomerang dell’accusa di terrorismo

Tre anni e sei mesi per Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò, caduta l’accusa di terrorismo.
Una condanna non può essere una vittoria. Specialmente se la condanna è per aver difeso un lembo di terra dagli artigli di chi devasta e saccheggia.  Ma una condanna può essere una sconfitta enorme per chi sosteneva l’accusa. Ed è questo il caso. Perchè da questa sentenza chi voleva seppellire l’opposizione al tav sotto una montagna di anni di galera esce con le ossa rotte.

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Monte Musinè

Sull’accusa di terrorismo l’ex procuratore Caselli e i suoi fidi Padalino e Rinaudo si erano giocati tantissimo. Anche dopo la pronuncia della Cassazione che metteva in discussione questa accusa, avevano continuato pervicacemente ad aggrapparsi al terrorismo, arrivando ad accusare di questo reato pochi giorni fa altri 3 no tav: Graziano, Lucio e Francesco. Caselli poche ore dopo il sabotaggio al cantiere di Chiomonte aveva usato parole pesantissime: “Un atto di guerra”.
E proprio l’accusa della procura e il lavorio di alcuni giornali avevano il neppur troppo velato scopo di creare un clima pesante. Agitavano fantasmi, convinti così di potere isolare chi stava dentro e intimorire chi stava fuori. Ce li ricordiamo gli editoriali come quello del vicedirettore de La Stampa Cesare Martinetti che, ancor prima degli arresti, scriveva: “C’è una cosa che bisogna sapere: in Valsusa il terrorismo c’è già. In una forma inedita, tra l’intimidazione ambientale di stampo mafioso e il cecchinaggio individuale di marca pre-brigatista”.

Il mondo di Caselli

Il mondo di Caselli

Ma con impegno e testardaggine il clima di timore è rimasto solo nelle loro teste. Il movimento si è stretto attorno ai quattro ragazzi, con una infinità di iniziative: manifestazioni enormi come quella del 10 maggio, appelli, una continua corrispondenza con i ragazzi, convegni, azioni dirette e serate informative nei paesi in cui si spiegava la questione.
Una solidarietà che è andata ben oltre la Valle o Torino. E poi parole importanti, come la dichiarazione che quella notte c’eravamo tutti, perché danneggiare reti o macchinari è pratica antica e da sempre adottata da movimenti popolari come il nostro. E ancora parole importantissime e piene di dignità sono state quelle delle lettere che i 4 hanno fatto arrivare a chi stava fuori.

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Sacra di San Michele

Man mano che si avvicinava la sentenza, in questi ultimi giorni, si sono moltiplicati i segni ben visibili della solidarietà e della vicinanza del popolo no tav: striscioni allo stadio e sui cavalcavia, scritte cubitali sui fianchi delle nostre montagne e disturbi ai treni veloci.

Ed infine la sentenza.
No, una condanna a 3 anni e 6 mesi non è una vittoria, ma è una sconfitta per chi pensava di poter finalmente annichilire i no tav con l’accusa di terrorismo, una sconfitta per il tentativo di applicare l’art. 270 sexies alle lotte sociali e sui territori.

foto 2Sappiamo tutti che non è finita, vogliamo Chiara, Mattia, Claudio e Niccolò fuori da quelle maledette gabbie. Li vogliamo di nuovo tra noi a lottare contro quella metastasi che è il cantiere Tav. Fino alla vittoria.

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