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Il campo rom, il compressore e i media

Il campo rom, il compressore e i media

Fra le molte adesioni all’appello per la manifestazione popolare del 10 maggio che stanno piovendo, segnaliamo questo scritto di Maurizio Pagliassotti, scrittore e giornalista.

Nel dicembre del 2011, una ragazza di sedici anni denunciò di essere stata violentata da due cittadini rom mentre tornava verso casa, nel quartiere delle Vallette. La propaganda mediatica montò l’odio fino a renderlo materiale. Fu organizzata sciaguratamente una fiaccolata e uno spezzone di corteo raggiunse la cascina della Continassa dove alcune decine di persone travisate incendiarono roulotte e strutture, lanciando bombe carta e facendo scappare gli abitanti.
Un vero raid nazista a Torino.
La notizia dello stupro si rivelò completamente falsa.

Con un pezzo intitolato “Il titolo sbagliato”  La Stampa chiese scusa. Scrissero:
“Il razzismo di cui più dobbiamo vergognarci è quello inconsapevole, irrazionale, che scatta in automatico anche quando la ragione, la cultura, le convinzioni più profonde dovrebbero aiutarci a tenerlo lontano.” Continua il quotidiano: “Ieri, nel titolo dell’articolo che raccontava lo «stupro» delle Vallette abbiamo scritto: «Mette in fuga i due rom che violentano sua sorella». Un titolo che non lasciava spazio ad altre possibilità, né sui fatti né soprattutto sulla provenienza etnica degli «stupratori». Probabilmente non avremmo mai scritto: mette in fuga due «torinesi», due «astigiani», due «romani», due «finlandesi». Ma sui «rom» siamo scivolati in un titolo razzista. Senza volerlo, certo, ma pur sempre razzista. Un titolo di cui oggi, a verità emersa, vogliamo chiedere scusa. Ai nostri lettori e soprattutto a noi stessi.”

Pochi giorni fa sette persone sono state rinviate a giudizio per reati quali: istigazione all’odio razziale, resistenza, danneggiamento, danni.
Nessuno è stata rinviato a giudizio per terrorsimo.

Solidarietà agli incarcerati No Tav che rischiano trent’anni accusati di aver incendiato un compressore.

Sottoscrivo l’appello per Mattia, Claudio, Chiara e Niccolò.

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