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INTERVISTA A LAUSO ZAGATO - 1 NOVEMBRE 2001


Ci puoi tracciare un profilo politico di Guido Bianchini?


Bianchini era un persona così straordinaria che è difficile tracciarne un profilo esclusivamente politico. Devo dire che ci si è provato, in morte si è parlato molto di lui, delle volte ho l'impressione che con il bene che gli volevamo abbiamo fatto così tanti medaglioni da semplificare raccontando episodi che, se fosse su una nuvoletta, ci manderebbe a quel paese. Guido è stato il più giovane partigiano d'Italia, era molto più vecchio di noi di esperienza di quanto non lo fosse come età. In un anno di guerra partigiana ai tedeschi ha fatto tempo a fare poco, ma quelli dell'Osoppo hanno cercato di ammazzarlo. La guerra tra partigiani era feroce, rispetto a queste recriminazioni reciproche che sono venute fuori dieci anni dopo la giusta linea è: ciascuno ha ragione a denunciare tutte le infamie degli altri. Guido era stato circondato da quelli dell'Osoppo che gli dicevano: "Vieni fuori Bianchini, ti faremo un giusto processo". Però, non parliamo di come si potevano essere comportati quelli della Stella Rossa, per cui dalla guerra partigiana Guido era uscito sicuramente indurito.
Poi aveva fatto l'esperienza politica nel PSI, era sposato con Licia De Marco, di Monselice, compagna di università di mia madre di qualche anno più giovane, non una sua amica peraltro: quando Guido mi invitò per la prima volta a mangiare a casa loro ricordo la sorpresa che ci fu nel sapere di chi ero figlio io. Intanto era maturato il rapporto con Toni, lui poi per suo conto aveva sempre avuto una notevole capacità e curiosità, non si era laureato in chimica ma aveva lavorato con ditte farmaceutiche: aveva un tipo di preparazione e attenzione nel mischiare gli aspetti tecnoscientifici e politici delle cose che era molto rara in un mondo di operai e di umanisti, di lavoratori dipendenti e laureati in materie umanistiche, questo era infatti l'assetto culturale e ideologico allora prevalente. Ha cominciato la sua grande stagione che aveva già una certa età rispetto ai ragazzini che noi eravamo, ha iniziato a mettere in piedi questa grande esperienza girando tra Marghera e Ferrara, dove c'erano industrie del settore chimico.
Aveva un'umiltà spaventosa per una persona del suo livello, ciò legato anche ad una persona pesante, con un umorismo feroce, rompicoglioni, che mandava a quel paese spesso. Per tutti gli anni '60 ha giocato un ruolo importante, aveva un linguaggio attraverso cui si capiva bene con gli operai: un'altra persona che aveva una grande capacità mimetica era Toni Negri, solo che a Guido veniva naturale, mentre in Toni era proprio capacità mimetica. A nessuno sarebbe passato per la mente di credere che fosse umiltà, era una pazienza di infiltrarsi e di capire gli atteggiamenti che era incredibile per una persona come Toni, ma a Guido queste cose invece venivano spontanee. Lui era per la linea di massa, era sempre stato assolutamente per la linea di massa. Io mi chiedo se non avremmo dovuto capire prima alcune cose che lui ha detto: ho in mente con assoluta precisione la rottura avvenuta nel convegno che facemmo a Torino nella primavera del '71 in preparazione del congresso di Roma di Potere Operaio, in cui Guido poneva in maniera drastica la questione. Lui di solito non faceva grandi discorsi in certe sedi, era l'uomo delle riunioni di lavoro, luoghi in cui era prezioso ed aveva un ruolo fondamentale, mentre faceva raramente relazioni e interventi ufficiali ai convegni, ciò oltre ad aver scritto poco, non lasciando quindi molto per chi non lo conosceva. Infatti, Potere Operaio esisteva da anni e parecchi di quelli che c'erano fin dall'inizio non avevano percezione di chi fosse Guido e dell'importanza che aveva, lo consideravano un simpatizzante della generazione precedente, e anche da qui si capisce il suo mimetismo geniale. Aveva una capacità straordinaria di parlare in qualsiasi ambiente, in qualsiasi capannello e in qualsiasi punto del Nord Italia: magari al Sud sarebbe stato tradito per l'accento come foresto, ma in pianura padana in ogni sciopero e capannello a un certo punto si sentiva la voce dialettale veneta o veneta-lombarda di Guido, tutti stavano zitti e lo seguivano perché erano convinti che fosse uno della fabbrica vicina. Quindi, aveva una capacità straordinaria di fare lotta sociale, di viverla, di organizzarla.

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