>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Percorso di formazione politica e culturale e inizi dell'attività militante
(pag. 1)

> Un profilo politico di Guido Bianchini
(pag. 5)

> Limiti e ricchezze delle esperienze operaiste
(pag. 6)

> Mutamenti territoriali
(pag. 8)

> Potere Operaio e il Manifesto
(pag. 8)

> Ipotesi sull'operaismo
(pag. 9)

> Gaspare De Caro
(pag. 10)
INTERVISTA A LAUSO ZAGATO - 1 NOVEMBRE 2001


Quindi, da una parte c'erano i discorsi sul salario, c'era Classe Operaia, però dall'altra, quando andavi a fare le riunioni in giro, ci si scontrava con persone che erano ex quadri del PCI e che ricordavano le posizioni prese la tempo dell'Ungheria.
Comunque, conoscemmo questi grandi quadri di Porto Marghera, e lì scoprivo che il discorso marxiano sulla fabbrica come luogo di formazione acquistava finalmente tutto il suo senso. Poi naturalmente non è più stato così: infatti, non si è più verificato che un luogo di produzione fisica di merci fosse un punto così nodale rispetto al contesto sociale. Invece, negli anni '60 ho conosciuto quelli che lavoravano da decenni e la cui formazione e livello di maturità politica era davvero alta. C'erano dei racconti che, volendo all'epoca diventare uno storico, avrei dovuto seguire meglio: si narrava della prima generazione di operai a Marghera che alla fine degli anni '30 si univano a cantare Bandiera Rossa, ovviamente in un posto dove non li sentiva nessuno, perché con la questione politica si mescolava la sana prudenza del contadino veneto! Poi come sempre le cose cambiano, allora uno sarebbe diventato funzionario: dopo che la rude razza pagana era scesa in piazza per le 5.000 lire nel '68, qualcuno è passato dall'altra parte, come l'unica persona a cui io abbia mai sentito dire "io ero un provocatore", ed era nella fabbrica degli anni '60 una delle maggiori figure. Dunque, la situazione si modificò notevolmente.
Se poi parliamo della formazione teorica, in quegli anni tutti andavano ad Hegel: la grande importanza degli operaisti fu di prendere le opere giovanili di Marx e dimostrare che non erano quelle centrali. All'epoca, infatti, in certi ambiti c'era una diffusione di massa dei "Manoscritti", de "Le opere filosofiche giovanili", "La filosofia hegeliana del diritto pubblico", tutte cose su cui gli Editori Riuniti facevano edizioni su edizioni, cose elegantissime, con quel tipo di approccio. Marx giovane più "Diamat", insomma. Nessuno leggeva "Il capitale", non parliamo dei "Grundrisse": dal punto di vista teorico era un salto di qualità completo quello che veniva proposto dagli operaisti. Sotto altri aspetti meritava di essere seguito un po' meglio Paci e l'approccio fenomenologico, anche se si cominciava ad averne contezza. C'era poi un'opera fondamentale di Benjamin, prima uscita da Einaudi, che apparve in quegli anni. C'era insomma un grandissimo ritardo, e tanto da studiare, mentre invece la generazione che intraprese gli studi umanistici prima del '68 era completamente preda di queste stupidaggini, di cui il Marx giovane era il meglio, poi c'era dietro il deserto. Nessuno provò mai a leggere e a studiare Sraffa, per esempio: testi come "Produzione di merci a mezzo di merci" meritavano più attenzione.
Devo dire che Toni dava una pinta particolare in quel periodo non tanto alla ricerca teorica e al dibattito politico quanto all'azione politica, al volantinaggio ecc. Bisogna tener conto che nel '63 a Padova si facevano riunioni anche con 50-60 persone, ma qualche mese dopo quando si cominciava ad andare alle 4 di mattina a Marghera si era ridotti a cinque-sei individui: a quel punto si creò un giro particolare, speciale, di gente anche un po' strana, c'erano musicisti, artisti e via dicendo. Probabilmente c'era tra loro un inadeguato livello teorico, però si trattava di un piccolo giro padovano che in realtà era più ampio di quello che credessi in quegli anni: c'era chi proteggeva, artisti, persone di cultura che avevano seguito la vicenda all'inizio e che non avevano nessuna voglia di cominciare a fare i militanti, ma seguivano. Si tratta di una cosa che si è un po' persa dopo. Intanto, pur essendo studenti universitari di professione, le nostre carriere studentesche si erano dilatate, quelli che erano studenti modello al liceo non lo furono più: per fortuna, posso aggiungere, perché viceversa avrei fatto a tempo a laurearmi prima che scoppiasse il '68! Invece, pur essendo stati gli studenti super del liceo, la nostra carriera universitaria era notevolmente peggiorata, ci allontanavamo ogni giorno dal modello dello studente di sinistra doc anche come standard di studi ecc.: avevamo cognizione di quello che stava covando sotto la cenere dal punto di vista del rapporto con il nostro mondo di provenienza, l'Università? Ho forti dubbio: si sarebbe riusciti poi a recuperare, ma solo con grande difficoltà.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.