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INTERVISTA A LAUSO ZAGATO - 1 NOVEMBRE 2001


Nel fare queste cose superi e distruggi la follia della dimensione politica (quando ho cominciato a far politica si parlava di cittadino in fabbrica ed operaio nella società, era demenza pura), e crei le condizioni per poter fare politica. Direi piuttosto che la cosa negativa è costituita da come da queste esperienze siano sorti a più riprese pericolosissimi discorsi sulla specificità del politico. In qualche modo erano forse anche legati ai temi e alla qualità di questa esperienza che, anche se limitata, è fondante. Andrebbe fatto un discorso sul come mai a più riprese prima nel gruppo trontiano, poi in Contropiano e via dicendo, da un'esperienza così positivamente "antipolitica" abbia trovato spazio l'autonomia del politico e la sua teorizzazione esplicita. Ci sono almeno due teorizzazioni esplicite dell'autonomia del politico, questa è la questione veramente clamorosa, ma per rispondere bisognerebbe fare un seminario. Se parliamo di una dimensione storica c'è da recuperare una tradizione in cui abbiamo fatto bene a distruggere la politica che c'era: l'operaismo è arrivato fino a lì, poi ha segmentato la politica. Ma ricordiamoci anche alcune grandi intuizioni: a Firenze nel '70 fummo tra i primi a capire l'inflazione. La ripresa del ruolo centrale dello Stato come si dava con l'inflazione fu una grande intuizione, ricordo che venne colto questo discorso nel '70: non solo nell'agosto del '69 ci cambiò il terreno sotto i piedi nel sociale, ma da lì a poco era ripreso il meccanismo inflativo. Mi chiedo, invece, come mai né noi né altri siamo mai riusciti a capire l'importanza di una cosa che può sembrare una stupidaggine ma non lo è, cioè l'IVA: si tratta di un momento squisitamente politico di modificazione radicale e redistribuzione del reddito a favore di un particolare gruppo sociale che è quello del piccolo e medio commercio, che allora era stritolato tra lotte operaie e ripresa capitalistica delle grandi fabbriche, cosa che tra l'altro poi è strettamente legata con la liquidazione della destra eversiva fatta dal governo Andreotti-Malagodi. Se parliamo di politica bisogna capire che cosa significa: probabilmente sulle tracce di una certa esperienza si sarebbe dovuto essere in grado di proseguire altre cose, però quello che mi meraviglia di più è quanto dicevo prima, cosa che può creare sconcerto ma che riprenderei in un'analisi più ampia. C'è il discorso sulla capacità da parte dello Stato di utilizzare un'occasione per modificare gli assetti di reddito, cosa che peraltro era usata poi anche a scopi politici. Quindi, in parte ho ripreso la vostra domanda, ma in parte la rovescerei: mi colpisce di più il fatto che da questa matrice siano sorti a più riprese e da parte di soggetti diversi filoni organici di autonomia del politico, di cui (come dicevo prima) ci sono almeno due teorizzazioni, o forse di più.


Tu hai fatto una tesi su Du Bois che poi hai pubblicato presso l'Enciclopedia Scientifica: hai avuto modo di conoscere De Caro?

E' una persona meravigliosa, ma l'ho conosciuta molto poco; aveva scritto delle cose bellissime. A un certo punto venne invitato a cooperare dentro l'ambito del movimento in un progetto di ricerca scientifica sull'URSS e sui paesi socialisti, e anche qui l'intuizione era altissima: però, meno di un mese dopo gli fu chiesto un articolo per una rivista, il che impediva lo sviluppo della ricerca. Dunque, c'era sicuramente una grande intuizione: lui aveva anche dei problemi fisici, quindi era un'intelligenza che si coinvolgeva in una ricerca, ma questa doveva potersi svolgere con i tempi di un progetto parallelo, non poteva certo essere speso per i tempi di una rivista di movimento. Poi De Caro non l'ho più visto: sicuramente è stata una persona molto importante in un momento della mia vita, dal momento che mi ha permesso di pubblicare questo libro.

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