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INTERVISTA A PAOLO VIRNO - 21 APRILE 2001
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Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale e quali i tuoi inizi dell'attività militante?


Mi sono formato politicamente a Genova, dove la mia famiglia viveva e io facevo il liceo. Genova era esposta all'influenza di Torino, dove vi furono le prime occupazioni nel '67; quindi nell'estate di quell'anno si mobilitarono gli studenti medi (più vivaci di quelli universitari, che invece erano in contatto con le organizzazioni tradizionali dei partiti, UGI e via dicendo). Come studenti medi fondammo dunque il Sindacato degli Studenti, che nell'autunno del '67 fece i primi scioperi su tematiche già sessantottesche, la lotta all'autoritarismo, solidarietà con gli studenti greci dopo il golpe dei colonnelli e quant'altro. Quindi, questa fu l'iniziazione. Alcuni di quelli con cui feci politica a quel tempo hanno avuto i destini più diversi: da Carlo Panella che adesso lavora per Mediaset su Italia, a Franco Grisolia che sta nella segreteria di Rifondazione, trotzkista da allora a oggi senza variazione alcuna (questo hanno di buono i trotzkisti, che si proseguono!). L'anno scolastico '67-'68 fu interamente genovese, con questo tipo di esperienza importante come per tutti gli altri, però fatta nell'ambito di una città operaia del triangolo industriale, quindi con rapporti con le fabbriche di Sanpierdarena: comunque, la realtà operaia pesava immediatamente sulle cose degli studenti. Invece, nell'autunno del '68, sempre per un trasferimento della famiglia, sono venuto ad abitare a Roma, e di lì a non molto ho preso contatti e rapporti con il gruppo che sarebbe diventato Potere Operaio, che allora sostanzialmente nella capitale era il gruppo delle facoltà scientifiche, del discorso scienza e produzione, quello del Comitato di base alla Fatme. Soprattutto quest'ultimo tra l'autunno del '68 e l'inizio del '69 fu un'esperienza di massa che aprì e chiuse alcune lotte vincenti, quindi gli operai portarono a casa delle cose concrete su cottimo, orario, ritmi e via dicendo. Questo Potere Operaio a Roma all'origine non si chiamava ancora così, poi l'esperienza decisiva è quella de La Classe della primavera del '69 a Torino. Sono anni della storia italiana in cui c'è veramente un punto che è storiografico ma anche di paradigma teorico: mentre sul '68 si trovano mille voci e altre mille sul '69, se ne trovano poche, o comunque poche attente, a quello che accadde fra l'estate del '68 e l'estate del '69, che è invece il punto di massima maturazione delle tematiche della rivoluzione italiana. E' l'anno dei comitati di base, delle vertenze autonome nelle grandi e medie fabbriche. Dunque, l'autunno caldo sono i consigli di fabbrica del '69 ecc., il '68 si sa: mentre questa stagione di mezzo, che invece è il vero laboratorio, anche da un punto di vista teorico, il più paradossale, il più complicato da capire, resta in generale perfettamente ignorata, se non per quei pochi che rivendicano una tradizione critica. Quindi, io presi contatto con quelli del comitato di base della mia scuola, si tratta di forme di avvicinamento collettivo anzitutto attraverso le tematiche, quelle de La Classe, il salario, l'orario, questo materialismo contro tutte le storie sulla coscienza, l'antiautoritarismo, cose pelose, cose francofortesi, ineffabili: invece, lì c'era una radicalità intellettuale, in realtà anche teorica, che però faceva cortocircuito immediato con le condizioni materiali. Entro in Potere Operaio dopo gli episodi cruciali della primavera '69 a Torino, dopo il convegno nazionale dei comitati di base di fine luglio, e dunque alla fine di agosto del '69 quando, dopo la rottura con Lotta Continua, si sta per formare realmente Potere Operaio come organizzazione. Come tanti altri, mi colpì questa apertura teorica e culturale, il fatto che si prendesse sul serio la grande cultura borghese, che si prendesse sul serio il pensiero negativo, che si prendesse sul serio la filosofia classica e la grande economia, Keynes, Schumpeter, in una situazione in cui viceversa la cultura e i riferimenti correnti nel movimento erano quelli che si sanno. Ciò naturalmente provocava anche dei vizi (narcisismo, quelli che...), e ovviamente non tutti i compagni di Potere Operaio leggevano quelle cose, non è questo il punto: ma una cosa è far finta di aver letto Schumpeter o Keynes e una cosa è far finta di aver letto il "Libretto" di Mao. Ovviamente i comportamenti parodistici e millantatori ci sono stati lì come dovunque, però francamente di ciò che viene millantato c'è anche una qualità diversa e che conta. Quindi, c'era questa apertura su Marx e le lotte, in mezzo la grande filosofia e la grande economia: Marx contro il marxismo insomma, Marx come strumento anche sociologico, anche empirico.

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