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INTERVISTA A PAOLO VIRNO - 21 APRILE 2001


E' un discorso che poi torna ancora nell'oggi, quando con Luogo Comune e le altre esperienze si è sostenuto, anche con una certa amarezza, che le pagine più avveniristiche di Marx, come quelle del "Frammento sulle macchine", si sono realizzate ma senza rivoluzione, senza crisi: il general intellect, la centralità del sapere e della comunicazione nella produzione sociale postfordista (o come si vuol dire) si è realizzato, tanto che quelle pagine risultano al limite un breviario per il sociologo più che un discorso di tendenza. Ma già allora c'era questo ritenere congrui molti capitoli de "Il capitale", dei "Grundrisse" e via dicendo con quello che materialmente avveniva giorno per giorno. Tra l'altro anni dopo (saltando l'ordine cronologico) io vissi a Milano l'avventura, l'esperienza, la fortuna di sostituire Oreste per un mese in un lavoro di quelli improbabili che aveva lui, ossia una supplenza delle 150 ore all'Alfa di Arese. Per un mese feci dunque da supplente al supplente, cioè ad Oreste. Allora facevo anche intervento all'Alfa, quindi conoscevo bene tutte le avanguardie, però furono una cosa curiosa queste specie di lezioni sul Primo Libro de "Il capitale" (era quello il libro di testo): ci si può quindi immaginare la lettura del capitolo sulle macchine, del capitolo sulla giornata lavorativa, fatta in parte con dei compagni, in parte invece con degli operai qualsiasi, non particolarmente politicizzati. Il che però era una specie di conferma, qualche anno più tardi (verso la fine del '73) di questo assunto generale dell'esperienza operaista, cioè sul carattere immediatamente applicabile delle pagine più avanzate di Marx alla condizione materiale dell'estrema modernità.
Sono stato in Potere Operaio dall'inizio alla fine, dall'agosto-settembre '69 fino al suo scioglimento e anche oltre. Prima, a Roma, intervenendo durante l'autunno caldo nelle poche medie fabbriche romane (come la Vox con 2000 operai sulla Tiburtina), poi dopo con l'intervento territoriale nei quartieri, le occupazioni delle case. Ci fu una prima puntata a Torino nell'autunno '71 con un'operazione un po' brutta di Potere Operaio, che aveva fatto il convengo, si era radicalizzato, c'erano le tematiche di rottura della crisi come si diceva allora, di rottura dell'andamento della crisi e di forzatura prima che ci fosse il riassestamento dell'organizzazione capitalista, tutte cose mal riassunte poi nel termine dell'insurrezione: quindi, ci fu una specie di spedizione politica che è la cosa meno opportuna rispetto ad una realtà come Torino, una di quelle cose rapide, di resa dei conti nel gruppo. Fu insomma una cosa che non ricordo volentieri, comunque per me fu importante questo primo rapporto sia con i compagni di Torino, sia con l'impatto anche visivo e percettivo con la Fiat. Questo nell'autunno '71. Fui di nuovo Roma nel '72, sono stato più o meno nelle strutture dirigenti, nel direttivo e nella segreteria della sezione di Roma. Dal marzo-aprile del '72 sono nell'esecutivo nazionale. I gruppi si ossificano e avvengono tutte queste cose che si sanno a memoria. Per esempio, io non sono uno di quelli che dà un giudizio negativo sui gruppi. Fatemi credito sul fatto che potrei parlare per due ore sulle parodie, le schifezze, le riprese di vecchi modelli ecc.; detto questo, ritengo che dopo il '69 si pone un problema specifico, non lineare (mettendola in termini matematici) del potere politico. In termini banalissimi, si potrebbe dire che è il problema dello sbocco politico di un movimento che per la prima volta (per dirla con Gramsci contro Gramsci) non cerca la rivoluzione contro Das Kapital ma cerca la rivoluzione in accordo con Das Kapital: dunque, non contro la miseria e l'arretratezza, ma contro il rapporto di produzione capitalistico e contro lo stesso lavoro salariato. E' una cosa che non ha avuto precedenti e che cercava le sue forme politiche; ciò era avvertito fra i quadri di base del sindacato, della FIOM, era un dibattito politico generale. A mio parere le posizioni come quelle di Capanna a Milano (per dirne una fra le più famose allora, poi ovviamente il dibattito attorno a metà degli anni '70 sarà diverso, sarà il dibattito dell'autonomia), sostenevano: "no, per carità, movimento politico di massa", poi fiancheggiava il PCI e faceva da servizio d'ordine di là a poco alla UIL. Quindi, là c'era un problema, che nelle sue versioni migliori è stato secondo me elaborato e raccolto da Lotta Continua e da Potere Operaio, poi anche in certa misura e a loro modo (un modo diversissimo e lontanissimo dal mio) da Avanguardia Operaia e da altri. Però, mi pare (certamente storiograficamente ma forse anche da un punto di vista politico-teorico) una semplificazione indebita anche a distanza di tanti anni dire che si è passato dall'eden delle assemblee del '68 e dei comitati di base della primavera del '69 ai piccoli ritualismi aridi e inconcludenti dei gruppi: io su quello sarei più cauto e ricorderei qual era la posta in palio. Che poi sulla posta in palio si sia fallito, è un conto; che però ci fosse questa posta in palio con la sua specificità, con la sua discontinuità rispetto all'andamento lineare dei movimenti, secondo me va ammesso. Ciò mi viene in mente a proposito del fatto che dal '72 ho partecipato a una di queste strutture un po' buffe, ridicole e spesso in Potere Operaio vissute anche ironicamente, quella dell'esecutivo.

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