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INTERVISTA A PAOLO VIRNO - 21 APRILE 2001


Ci sono stati tanti piccoli conati di iniziativa politica, anche molto recenti, ma nel complesso secondo me resta valido il giudizio sul fatto che vi è come un congelamento, un ritardo, un'inibizione come accade nei sogni, un torpore, e quindi un tempo lungo, perché si possa dare positivamente, conflittualmente, con invenzione di nuove forme, di nuovi percorsi, di nuove strutture e teorie dell'organizzazione, l'altra faccia del postfordismo.
Detto questo, però, non si capisce molto di quello che ho fatto io se non si considera che da sempre, e dal '78-'79 in maniera via via sempre più centrale e massiccia, mi ero occupato di filosofia. Io ho sempre voluto lavorare su cose filosofiche ma da marxista critico, cioè ho sempre pensato che un problema fondamentale fosse lavorare su un materialismo ampio, cioè un materialismo capace di non lasciare fuori di sé problemi fondamentali come il linguaggio, la comunicazione o altro ancora. Quindi, ho sempre lavorato su queste cose e naturalmente in misura crescente, fino a che sono poi un po' diventate l'aspetto principale della mia attività. Sarebbe dunque difficile parlare di me stesso dal '79 in poi senza tenere presente che, anche quantitativamente, certamente qualitativamente, la parte maggiore del mio tempo l'ho data a lavorare su problemi e questioni filosofiche, scrivendo e quindi anche pubblicando cose dove secondo me il problema nasceva dai buchi neri del marxismo, ma non del marxismo in generale, bensì del marxismo critico, del marxismo nostro, constatati come veri e propri punti di catastrofe negli anni '70, nella ricchezza complessiva degli anni '70. Le prime cose riguardarono proprio il problema: c'è una teoria della conoscenza in Marx? E questa teoria della conoscenza, se c'è, se c'è o se ci fosse, riguarda solo le cose come stanno o c'è anche un modo di conoscere la tendenza, di conoscere la traformabilità dell'esistente? Quali sono le categorie per conoscere non solo il valore di scambio, ma anche la fuoriuscita dal valore di scambio? Queste furono proprio le primissime cose, che poi misi in gran parte in "Convenzione e materialismo", che fu scritto sostanzialmente fra l'80 e l'82, anche se poi per ovvi motivi carcerari uscì nell'87, e così via dopo. Con però anche un'intensità e una centralità del mio tempo e del mio percorso su cui non mi dilungo, ma che serve a raddrizzare subito tutto quello che ho detto. Poi naturalmente molte di queste cose si intrecciano, come per esempio la riflessione su una categoria come quella della moltitudine, che nel '600 fu opposta a quella di popolo, e da quella di popolo derivano poi le teorie politiche della modernità: noi abbiamo detto in Luogo Comune: "badate che sta tornando perspicua, pertinente alla situazione attuale la categoria della moltitudine". La categoria della moltitudine è difficile non concepirla e pensarla senza tirare fuori una serie di questioni propriamente filosofiche: quali sono i giochi linguistici, le forme comunicative della moltitudine? Cosa è la categoria dell'individuale, del singolare per i molti? L'idea di molti fa pensare a tante singolarità e non sintetizzabili in quell'uno che è lo Stato e il sovrano. Insomma, questioni che possono essere pensate (almeno così mi è sembrato e così potevo fare io) attraverso problemi e categorie di etica, filosofia del linguaggio, filosofia politica. Quindi, il problema è che ci sono punti consistenti in cui la riflessione più teorico-politica si lega alla riflessione filosofica, ma ce ne sono anche altri su cui invece non è così. Il mio problema è in fondo quello di uno che non ci è mai stato simpatico, Engels; questi a un ceto punto si pose la questione di dire: "va bene, noi abbiamo detto delle cose materialistiche sulla produzione, abbiamo detto delle cose materialistiche sulla storia: però, il materialismo non dovrebbe avere l'ambizione di coprire tutto il campo, quindi di coprire anche il campo della scienza, il campo della natura, il campo dei sensi? Non dovrebbe essere anche un sensualismo, un sensismo?". Quindi, alcune volte si incrociano, vedi esempio della moltitudine, altre volte ho dedicato sei anni a ragionare su quale fosse lo statuto materialistico del linguaggio, quale fosse il rapporto fra il linguaggio e la vita sensibile, quale fosse il rapporto fra il linguaggio e il mondo materiale. E qui siamo per certi aspetti vicini e per certi aspetti lontani dal tipo invece di percorso politico di cui dicevo prima. Menziono queste cose per dire com'è stata realisticamente la divisione del mio tempo, soprattutto da un certo punto in poi.

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