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INTERVISTA A BENEDETTO VECCHI - 20 APRILE 2001
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Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale e quali sono stati gli inizi della tua attività militante?


Io ho iniziato a interessarmi di politica nel settembre '73. Ero molto giovane e rimasi molto colpito dal golpe in Cile. Ciò coincide più o meno con la fine delle scuole medie inferiori. Tutto è iniziato con la lettura dei giornali, li divoravo, leggendoli dalla prima all'ultima pagina. Ma il vero punto di svolta inizia con la lettura delle riviste del movimento. Mi ricordo anche di fanzine allora prodotte che trovavo nelle librerie legate al movimento. L'inizio della militanza vera avviene con la frequentazione di un comitato di lotta per la casa. A quel tempo abitavo in un quartiere periferico, a ridosso di Primavalle, dove c'era un forte movimento di occupazione delle case. Ed è proprio a Primavalle che avviene il "battesimo del fuoco". Ed è proprio in quel quartiere che ho cominciato a fare politica. Anche se ero un lettore onnivoro, ero pur sempre un "pischello" che si avvicinava alla militanza. Non avevo interessi teorici precisi. Come dicevo prima, ho iniziato con i giornali, poi con le riviste, poi è arrivata la narrativa - tra il '73 e il '75, in maniera quasi maniacale divoro tutto Sartre e Pirandello. Per quanto riguarda i sacri testi, mi rompo la testa sul "Manifesto del partito comunista" e su un testo di Lenin, "La dittatura del proletariato e il rinnegato Kautsky". Se ci soffermo su quel periodo, mi rendo conto che non è che capissi bene tutto quanto che mi capitava tra le mani, ma c'erano frasi, pagine che mi entusiasmavano, tenuto conto che la lettura era in "solitaria", cioè non c'era un gruppo con cui ne parlavo. Ma quello che mi entusiasmava davvero era sentirmi parte di un movimento che cercava di rivoltare il mondo come un calzino. Per quanto riguarda la militanza politica, la svolta, almeno nella mia formazione, avviene in seguito ad un episodio abbastanza clamoroso qui a Roma. Mi riferisco all'uccisione da parte della polizia di un giovane di Lotta Continua, Fabrizio Ceruso, durante lo sgombero di una casa occupata. Per alcuni giorni, in una borgata romana è scontro aperto con la polizia. Alcuni anni dopo ho letto "La violenza illustrata" di Nanni Balestrini la cronaca di quella che a me, allora, era sembrata un'insurrezione. E' in quell'occasione che sento parlare dell'Autonomia operaia. Il mio interesse rispetto a quest'area è però prevalentemente "culturale". Comincio a leggere le riviste che venivano pubblicate allora, leggo alcuni testi, c'è la scoperta di alcuni teorici che vengono inscritti all'operaismo italiano. Mi riferisco a Toni Negri e Mario Tronti. Leggo per la prima volta "Operai e capitale", anche se devo dire che non è che riuscissi molto a decrittarlo. Per quanto riguarda l'attività politica il piano è un po' più spostato, separato, nel senso che questo comitato di lotta che frequentavo si era allargato, perché erano presenti tutte le componenti della sinistra extraparlamentare. C'erano compagni di Lotta Continua, del Manifesto, alcuni che avevano fatto militanza in Potere Operaio, anche persone vicine al PCI. Era un comitato molto particolare, con una forte presenza di abitanti del luogo. Va quindi detto che la separazione tra l'interesse "culturale" per l'Autonomia e l'attività politica e netta, anche perché a Primavalle, dopo lo scioglimento di Potere Operaio, non c'è una presenza significativa che può essere ricondotta all'Autonomia. Questo fino al '77. Nel '74-'75-'76, partecipo all'esperienza dei mercatini rossi, dell'autoriduzione delle bollette, che però, almeno nel quartiere dove io facevo politica, era gestito unitariamente, cioè non c'era una caratterizzazione di una sigla piuttosto che un'altra, di un'organizzazione piuttosto che un'altra. L'unica "sezione" della sinistra extraparlamentare era quella di Lotta Continua, che però rimaneva quasi sempre chiusa. I ricordi sono sempre di un "pischello" che annusava l'aria e che mediava la sua militanza attraverso le amicizie. Inoltre, va detto, che a Primavalle c'era stata un'azione antifascista che aveva fatto discutere aspramente nella sinistra extraparlamentare. Mi riferisco alla morte di due fascisti, i fratelli Mattei, la cui responsabilità viene addossata dagli inquirenti e non solo all'area intorno a Potere Operaio: quell'episodio creò una sorta di frattura o comunque un atteggiamento di diffidenza nei confronti dei compagni di PO prima e dei collettivi autonomi dopo. Questa diffidenza si toccava con mano nel giro che frequentavo. Comunque, va detto che a fare l'autoriduzione delle bollette c'erano anche dei compagni dei Volsci, mentre alcune occupazione di case hanno visto protagonisti dei compagni dell'Autonomia.

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