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INTERVISTA A BENEDETTO VECCHI - 20 APRILE 2001


I discorsi che lui fa nel '77 con A/traverso e Radio Alice sono importantissimi, perché hanno intuito la rilevanza, la centralità della dimensione comunicativa del movimento. Alcune volte, però, ho sensazione che lui vada avanti per innamoramenti. La scoperta di Deleuze e Guattari, l'ha portato, in alcuni casi, a un approdo che può essere vitale in termini di capacità di interpretare alcuni fenomeni nella società e nella produzione culturale, però in un'ottica, anzi in una dimensione impolitica. La sua lettura di "Millepiani" è spesso feconda, ma poi sembra dimenticare il Deleuze de "La rivoluzione molecolare". La sua è una posizione eccentrica all'interno dell'operaismo, perché è quello che pone sin da subito il problema del suo superamento: cioè, lui punta al superamento dell'operaismo attraverso una metodologia operaista, se si può definire così. Quindi, è un personaggio che funziona un po' come una variabile indipendente, entra in contatto, rompe personalmente, poi ricuce con altri, si dà un percorso di ricerca che l'ha portato dove sappiamo, a lavorare sempre sulle ambivalenze - delle soggettività, dei rapporti di produzione - e a pensare che sono centrali solo quelle. Bifo è una figura importante perché in qualche maniera intuisce i limiti dell'operaismo. Mi dispiace citare quello che ho scritto su di lui e sull'ultimo libro che ha fatto, che è bello, "La fabbrica dell'infelicità": Bifo alla fine se la prende con tutti quelli che pensano che la dimensione della politica abbia ancora una ragione d'essere. La sua è una riproposizione dell'autonomia del sociale.


Bifo fa ancora un discorso interessante rispetto al rifiuto del lavoro, cosa che in Negri sembra non esserci più.

In quest'ultimo libro Bifo fa un'operazione sul rifiuto del lavoro e sulla difficoltà di parlare di esso secondo me in termini molto interessanti. A un certo punto scrive dice che, poiché lavoro e vita si sovrappongo, non c'è più distinzione e che una tematica di rifiuto del lavoro è una pratica disperante, perché le persone dovrebbero rinunciare quasi alla propria vita. E questo secondo me apre degli interrogativi. Visto che è un tema a lui caro: come costituire una comunità fondata su basi elettive, autonome, separate, sganciate dai meccanismi di produzione del dominio capitalistico? Lì secondo me c'è un'aporia, però lui continua ad essere un personaggio abbastanza interessante per la parabola dell'operaismo. Forse non smetterà mai di essere la vitale figura che è, cioè l'enfant prodige che rompe le scatole. E se uno ha in mente una rivisitazione di quell'esperienza, di quel filone teorico, di quella tradizione marxista che è l'operaismo, Bifo un ruolo ce l'ha avuto indubbiamente. Poi l'operaismo è una cosa che ha caratterizzato molto le biografie individuali, nel senso che un operaista lo riconosci subito da come ragiona, dalle priorità che si dà, dalla metodologia che propone. Per cui, dal punto di vista della storia intellettuale italiana, è stato un fenomeno minoritario rispetto ai grandi schieramenti, ai grandi sensi comuni, alle grandi ideologie che si sono presentate in questo paese: però, è riuscito a segnarne indelebilmente la storia, indipendentemente dalla parabola politica che ha attraversato.


E' stata una forma di eresia potente, che si conserva e si rintraccia anche in chi l'ha vissuta o l'ha costruita. Ancora oggi a livello internazionale si può assistere a grossi momenti di dibattito sull'operaismo.

Se si va a vedere le discussioni che ci sono negli Stati Uniti intorno a questo maledetto giochetto che è il popolo di Seattle, c'è una sorta di operaismo di ritorno che uno non si spiega. Si pensi a come è stata letta negli Stati Uniti l'esperienza zapatista: ci sono alcuni marxisti americani che la leggono in termini operaisti. Per cui è vero, è stata un'eresia potente, che secondo me mantiene intatta la sua vitalità: potrebbe giocare una partita importante anche per quello che uno spera che possa accadere in Italia. Potrebbe però giocare un ruolo importante per la ripresa del conflitto di classe, per la sua capacità di leggere quello che avviene nella realtà.

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