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(pagg. 12-13)

> Attualizzazione politica dell'operaismo
(pag. 15)
INTERVISTA A MARIO TRONTI - 8 AGOSTO 2000
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Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale e quali sono state eventuali persone e figure di riferimento nell'ambito di tale percorso?

E' una storia che è stata in parte già raccontata, con studi che sono stati fatti sui Quaderni Rossi e su quel gruppo che poi diede vita a quell'iniziativa intorno a Panzieri. Il mio percorso veniva da luoghi che non erano molto usuali nel gruppo, perché la mia formazione politica è stata all'interno del Partito Comunista, fin da giovanissimo c'è stato l'incontro con l'organizzazione comunista nell'università, con un gruppo che poi è rimasto abbastanza unito, ancora oggi è un esempio di amicizia stellare per esempio con personaggi come Asor Rosa, come Rita Di Leo, come Umberto Coldagelli, con i quali facciamo ancora gruppo anche se non politico ma sicuramente amicale. Rita era un po' più giovane, ma tutti gli altri eravamo iscritti nella facoltà di Lettere dell'università di Roma, nella cellula comunista, dove è avvenuta questa formazione politica e anche teorica, perché poi lì abbiamo incontrato un tipo di marxismo che era diverso da quello ufficiale, da quello ortodosso di allora, da quello che, almeno in quello comunista, ruotava intorno alla tradizione soricistica, idealistica, gramsciano-crociana, desanctisiana: invece noi avemmo la fortuna di imbatterci nel marxismo di Della Volpe (anche questo in alcuni saggi è stato molto richiamato), che è un marxismo antistoricistico, materialistico, che teorizzava una rottura tra Marx e Hegel, non una continuità. Questo era un marxismo molto aperto, che ci dava già un'indicazione di ricerca oltre le cose acquisite in quella fase, in quel periodo. Io ho trovato abbastanza naturale questo incontro, del resto l'essere comunisti veniva già da prima, io vengo da una famiglia romana, di popolo romano, dove c'era già l'antifascismo, il comunismo prima della fine del fascismo stesso; c'era anche una fondazione di tradizione popolare anche se romana, quindi un po' generica, non specificamente di classe. Infatti, è un percorso che per me è stato importante e lo è stato anche per altri cosiddetti romani, quel gruppo che fece i Quaderni Rossi, perché il problema per noi fu un po' quello di liberarci da questa origine popolare per incontrare un terreno di classe specifico come quello operaio, che noi dicevamo che era un po' il salto da Roma a Torino. Questo è stato molto importante perché fu una specie di emancipazione da un certo populismo ma non nell'accezione odierna, gli studi che poi fece Asor Rosa sulla tradizione populista della letteratura italiana parlavano un po' anche di questo; ciò si incontrò appunto con questa forma di marxismo critico che era quello di Della Volpe.
Un momento fondamentale di passaggio fu per me e anche per questi altri il '56, perché ci fu il grande shock all'interno di quella tradizione comunista, la scoperta di una realtà sovietica e del socialismo diversa da quella che immaginavamo; fino al '56 eravamo tutti stalinisti, però non nel senso dello stalinismo come poi lo si è inteso, ma nel senso dell'adesione totale a quella forma di esperimento e di esperienza. In quel momento cominciò appunto la critica di quella forma di esperienza e anche ciò, insieme a quella forma di marxismo, permise una grande apertura mentale. Anche lì ci fu disaccordo con l'ufficialità del PCI (anche questo è stato raccontato), all'università ci fu questa presa di posizione a favore del nuovo corso, a favore della destalinizzazione, a favore poi anche degli insorti ungheresi. Quindi, ci fu una prima grossa rottura con il PCI che ci portò a cercare altre strade, altre vie. Dopo il '56 ci furono degli anni molto di ricerca che approdarono all'incontro con Panzieri, che era questo personaggio abbastanza centrale in quella fase, perché era una personalità anche ambigua, veniva dal Partito Socialista, dalla sinistra socialista, lo conoscemmo come direttore di Mondo Operaio, attraverso le tesi sul controllo operaio che scrisse con Libertini. Insomma, ci fu un incontro anche umano, perché è un personaggio di grande umanità, quando era a Roma e soprattutto poi quando da lì si spostò a Torino, in quanto con la sua rottura con il Partito Socialista andò a lavorare da Einaudi. Ed è in fondo attraverso lui che cominciammo a frequentare Torino, quel tipo di realtà di classe e quel tipo anche di sensibilità ai problemi operai. Formammo un po' quello che si dice il gruppo romano dei Quaderni Rossi, perché poi, ripeto, intorno a Panzieri e a Torino c'era già questo gruppo di ricerca sociologica e noi arrivammo portando appunto questo altro tipo di esperienze, questo altro tipo di marxismo, questo altro tipo di origine anche politica.

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