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INTERVISTA A MARIO TRONTI - 8 AGOSTO 2000

E' vero che il leninismo poi fu assunto anche a livello politico, per esempio alcuni gruppi almeno furono molto leninisti anche nella concezione della politica: ma lì però era un leninismo diciamo minore, quello del gruppo di avanguardia che guidava le masse, che secondo me non è né il Lenin migliore né il Lenin vero. Il Lenin vero invece è quello della polemica con la Luxemburg, del "badate bene che anche la classe operaia abbandonata a se stessa ha pericoli e vocazioni naturalmente socialdemocratiche e perché faccia il salto nella posizione rivoluzionaria occorre appunto una coscienza": allora lì c'è tutto il tema inevaso della coscienza politica portata dall'esterno ecc. Io però in quello sono ancora abbastanza lì, credo molto nella funzione della direzione politica anche se la concepisco come una direzione politica di masse e non di gruppi, quindi di organizzazione di masse; anche se questi termini stessi oggi sembrano un po' desueti, superati.


Entrando più nello specifico del dibattito interno ai Quaderni Rossi prima e a Classe Operaia successivamente, qual è la tua analisi politica delle varie posizioni che in esso si esprimevano e si rappresentavano?

Fu un dibattito acceso che andò avanti per alcuni mesi perché lì c'era un nodo da risolvere che era proprio quello della dimensione politica dell'esperienza, se bisognasse accentuare la forma di presenza politica di questi gruppi o se fosse invece opportuno approfondire i livelli dell'analisi. Il che presupponeva anche un diverso giudizio sulla situazione. C'era la parte diciamo degli impazienti, tra cui ero anch'io, che diceva: "adesso bisogna operare una svolta politica nel movimento delle lotte, accentuare la politicità delle lotte, fare in modo che le lotte anche contrattuali si politicizzino sempre di più; questo è il momento, c'è una spinta operaia forte, favorevole, o cogliamo questo momento, questa opportunità oppure si perde tutto". Dunque, questa parte che premeva più per l'intervento diretto vedeva una situazione più matura, più esplosiva, politicamente più avanzata. A vederla adesso da oggi probabilmente avevamo torto, nel senso che forse la situazione era più complicata, quel tipo di lotte erano lotte contrattuali vere, forti, aspre, però molto interne a tematiche produttive, economiche, meno politiche: quindi, la situazione era meno matura di quanto forse la vedessimo noi nella nostra voglia di accelerare i tempi. Però, lì questo diverso giudizio sulla situazione si rifletteva poi sul tipo di strumento che bisognava utilizzare: questo Quaderni Rossi sembrava uno strumento ancora inadatto a una forma di contatto più diretto a livello operaio, era la forma della rivista, usciva una volta all'anno, con dei saggi ponderosi, anche difficili, analitici più che propositivi. Insomma, è emersa lì l'idea del giornale operaio, infatti il sottotitolo di Classe Operaia era "mensile politico degli operai in lotta": era uno strumento più ravvicinato, questo era un po' il problema, se ravvicinarsi al livello della classe, stabilire un rapporto più diretto, o se tenere invece una distanza a livello analitico. Questo provocò una differenza proprio di vedute che poi risultò impraticabile tenere all'interno dei Quaderni Rossi. L'idea del giornale politico presupponeva anche una forte capacità di cronaca delle lotte stesse, infatti poi Classe Operaia sarà molto un giornale che racconterà le lotte, con qualche ambizione forse eccessiva perché non voleva limitarsi alla situazione italiana, voleva guardare un po' all'Europa, quindi voleva estendere lo sguardo alle lotte operaie nel continente; e con un'idea anche di intervento politico, cioè nella vita politica, nel dibattito politico anche formale, infatti c'erano quei trafiletti polemici nei confronti o del Movimento Operaio o della politica governativa. Dunque, il problema era se accentuare uno strumento, un organo di battaglia politica o invece uno strumento di conoscenza della situazione. Si arrivò appunto a questa dissociazione con toni aspri del dibattito ma senza grandi rotture: per esempio dal punto di vista umano (per continuare a coltivare quel filone) non ci fu nessuna vera rottura, per me ciò vale ancora adesso con quelli che poi continuarono a fare i Quaderni Rossi, con Vittorio Rieser ho un'amicizia che continua, non si è interrotta, ma con lo stesso Raniero non ci fu nessuna rottura dal punto di vista umano. Certo, si fecero poi negli anni seguenti delle esperienze diverse. Quella di Classe Operaia fu un'esperienza diversa (un po' ne abbiamo già accennato) rispetto ai Quaderni Rossi perché ci costringeva ad avvicinare quella figura di operaio che andavamo cercando e che in parte teorizzavamo; alcune di queste figure operaie infatti poi figurano anche come autori degli articoli di Classe Operaia, quindi la conricerca con Classe Operaia si fa più ravvicinata e anche più politica. Ma erano due modi un po' diversi anche di concepire questa esperienza cosiddetta operaista.

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