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INTERVISTA A MARIO TRONTI - 8 AGOSTO 2000

Anche se poi io ho avuto un ripensamento su questo tema di fondo, ciò si vede nell'ultimo libro ma anche in alcuni testi precedenti, quelli che hanno riguardato soprattutto la teoria del politico: mi sembra che invece da parte nostra ci sia stata una sorta di eccessiva ortodossia marxiana. L'idea che abbiamo coltivato anche noi (che c'era moltissimo in Quaderni Rossi e c'era molto anche in Classe Operaia, anche se attenuata da uno spirito politico più forte, e che secondo me invece è un altro dei limiti dell'esperienza operaista) a suo modo, io l'ho pensata così, malgrado la critica che avevamo fatto del marxismo storicista, poi era ricaduta in una forma sia pure diversa però sempre di stroricismo. Cioè quell'idea che noi avevamo allora molto forte, che io oggi non sosterrei più, era che quanto più si sviluppa il capitalismo tanto più si sviluppano le contraddizioni interne al capitalismo stesso fino alla contraddizione fondamentale, e quanto più il capitale va avanti più si approfondisce la sua interna contraddizione fondamentale che è poi quella con gli operai: è una tesi tra l'altro empiricamente smentita dall'evoluzione del capitalismo stesso, è un capitalismo che forse più si sviluppa e più riesce a tenere sotto controllo le proprie contraddizioni. Ciò fino al punto di questo capitalismo odierno che non solo tiene sotto controllo le contraddizioni secondarie, ma ha quasi eliminato la contraddizione fondamentale. Del resto è un complesso processo che è produttivo, sociale, politico, questo investe il tema degli sviluppi, io vedo oggi un capitalismo che ha rimosso la centralità operaia. Ha fatto questa operazione vincente di rimuovere la centralità politica operaia perché, visto che stiamo sempre dentro anche alle analisi di oggi, non è che non c'è più la classe operaia, non è che non ci sono più gli operai, non è che non c'è più il lavoro industriale salariato, non è un problema sociologico, è un problema politico: non c'è più la centralità politica della classe operaia, questo è il dato di fondo. Ma questa non è che è caduta di per sé, c'è stata un'operazione che l'ha rimossa attraverso una correzione anche dell'apparato produttivo, per cui il superamento del fordismo è stato anche questo fatto politico, non è che sia derivato soltanto da bisogni di organizzazione economica. La fine dell'età fordista ha portato con sé l'emarginazione della figura dell'operaio-massa, questo è il dato che oggi è più impressionante, che poi fa vedere questo capitalismo trionfante. Alla base di questo trionfalismo del capitalismo non c'è, come si dice, la mondializzazione, queste cose che erano invece secondo me già molto implicite nella natura del capitale stesso, lo diciamo sempre ma Marx già in quelle pagine stupende parla del capitale per natura e per vocazione mondializzato e globalizzato, non è questa la novità, o comunque non è questa la novità politica: la novità politica è quell'altra, che si è rimossa questa dialettica frontale. Ma questo che cosa vuol dire? Vuol dire che appunto quella tesi lì del più avanti, l'apologia marxiana del capitalismo che lui ha fatto fin dal Manifesto, è una cosa che noi assumemmo allora con molta convinzione e con molto entusiasmo perché poi ci serviva, perché poi tutta la cultura del Movimento Operaio era vecchia, pensiamo all'idea che avevano i comunisti del capitalismo italiano come un capitalismo arretrato, e noi dicevamo loro: "ma guardate che qui sta nascendo un capitalismo nuovo, altroché arretrato, qui c'è un capitalismo ormai avanzato, voi dovete fare i conti con questa roba qui". Quindi, ci serviva questa accentuazione dell'avanzare dello sviluppo capitalistico, era una cosa molto determinata, però c'era, ripeto, una forma di storicismo, magari più materialistica ma c'era lo stesso. Io oggi più in generale penso di aver bruciato ogni scoria storicistica, credo almeno, per cui sono convinto che non è che ci troviamo di fronte a una storia che va sempre avanti, dobbiamo aspettarci anche una storia che arretra, che si ferma, che rincula, e con questo volta a volta devi fare i conti per sapere con che tipo di epoca storica sei in contrasto. L'idea che quello che viene dopo sia comunque meglio di quello che c'era prima è una cosa che, ripeto, credo che empiricamente sia stata falsificata dalla storia; l'idea marxiana poi che ne conseguiva Marx la esprimeva ne "l'uomo spiega la scimmia", cioè la società capitalistica spiega le società precedenti, questa forma di stoicismo al rovescio anch'essa mi sembra non funzionante. In realtà ogni epoca va colta nella sua specificità di formazione economico-sociale, ha le sue caratteristiche che devi andare a vedere dal suo interno più che dall'esito che ha avuto.

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