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(pag. 15)
INTERVISTA A MARIO TRONTI - 8 AGOSTO 2000

Una ricchezza di quell'esperienza (questo voglio sottolinearlo) fu costituita dalle straordinarie personalità che erano coinvolte in quella cosa lì. I momenti migliori sia di Quaderni Rossi sia di Classe Operaia erano gli incontri che si facevano nella scrittura e nella preparazione sia della rivista che del giornale. Io dico sempre, anche ai più giovani, che non ho ritrovato più quel tipo umano di persone, non le ho ritrovate più, successivamente sono stato di nuovo nel partito, non parliamo poi di altri luoghi ancora peggiori, le università, gli intellettuali che sono venuti dopo; quel tipo di persone lì è stata un'emergenza veramente miracolosa per la grande ricchezza umana, l'assenza di ambizione, cose che oggi sembrano inconcepibili. Per quanto riguarda tutti quelli che ho incontrato dopo, ho sempre avuto a che fare con persone che avevano al centro della propria ambizione personale collocarsi di qua, collocarsi di là, sia nel partito sia nella cultura: non c'era traccia di queste robe qui in quella fase lì.


Una parentesi su questo: tu dici che sono confluite delle personalità eccezionali, sia Quaderni Rossi sia Classe Operaia sono stati però anche un grande momento di formazione. E' vero che non avevano ambizioni di collocarsi, però poi queste persone nei vari campi in cui si sono cimentate dopo sono ancora adesso dei punti di riferimento, quindi in realtà è stato anche un grande laboratorio di formazione.

Sì, è senz'altro vero, se uno pensa ai nomi delle persone che hanno fatto quelle esperienze e poi le stanno ancora facendo fruttare in vari luoghi è impressionante. Per alcuni è così, ci sono poi anche energie che si sono perse, che non si sono realizzate, ritrovate, e si è perso molto. La formazione fu importante anche per noi, anche per me stesso, io non riesco a concepire il mio percorso senza quel passaggio lì, non saprei capire che cosa sarei stato senza quel passaggio all'interno di quella esperienza, proprio per la sua complessità, per il suo essere un'esperienza intellettuale però anche un'esperienza pratico-politica, un'esperienza sociale. Poi in fondo erano tutti prodromi di quello che dopo avvenne nel '68; come è noto io non sono un grande ammiratore del '68, quando esso arrivò noi avevamo già detto tutto, avevamo già fatto tutta quell'esperienza lì. Il '68 poi deviò su altri luoghi, su altre tematiche, evocò altre cose, ma io quando parlo di esso affermo: "non diciamo il '68, diciamo gli anni '60", perché almeno in Italia il '68 senza gli anni '60 non si capisce. Tanto è vero che fu non solo '68 ma fu '68-'69, per fortuna, cioè fu questo nuovo biennio rosso che poi approdò all'autunno caldo, di nuovo una grande spallata e spinta operaia che sarebbe stata inconcepibile senza appunto tutti i primi anni '60 e tutta la fase di incubazione di questa esperienza operaista.


Io vorrei tornare sul nodo che tu hai posto dell'organizzazione e in particolare sul leninismo. Sicuramente soprattutto in Classe Operaia ma anche nei Quaderni Rossi c'è stata una rilettura di Lenin e una rilettura di Marx anche piegata a Lenin; dall'altra parte tu dici che il limite è stato di non aver saputo proporre un'organizzazione, un processo organizzativo adeguato per quel momento. Se si guarda il percorso degli anni '60 ma anche degli anni '70 nel bene o nel male erano tutti leninisti sotto un certo aspetto, poi Lenin è stato buttato via come un cane morto: in realtà non si è mai fatto i conti con il leninismo e sull'attualità ancora di un nuovo leninismo, eventualmente su un livello politico. Mi sembra che poi sia il discorso che fai anche nell'ultimo libro a proposito della democrazia e del movimento operaio.

Il leninismo aveva ed ha vari aspetti, perché noi allora soprattutto nei Quaderni Rossi riscoprimmo quel Lenin che analizzava lo sviluppo del capitalismo in Russia contro i populisti, contro l'idea, che Lenin combatté, dei populisti russi di un passaggio diretto dalla comunità contadina al comunismo senza passare attraverso appunto lo sviluppo del capitalismo. Questo è il Lenin giovane degli ultimi anni dell'800, che fece quei mirabili studi in cui diceva: "no, intanto in Russia c'è una forma di capitalismo, bisogna fare in modo che si sviluppi perché soltanto sviluppando la forma capitalistica di produzione ci sarà anche una produzione di classe operaia e quindi di un soggetto rivoluzionario che poi sarà in grado di guidare; la classe operaia deve guidare anche il processo di modernizzazione della Russia oltre che il processo del democratizzazione". La grande tesi leniniana era: "bisogna prendere la guida della rivoluzione borghese da parte operaia, anche della rivoluzione politica borghese per portarla alle ultime conseguenze". Quello fu il Lenin che scoprimmo: dunque, più che il Lenin politico del partito fu quel Lenin lì, analista del capitalismo in Russia. Su questo c'era un accordo molto forte da parte di tutti perché era il Lenin marxiano.

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