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INTERVISTA A MARIO TRONTI - 8 AGOSTO 2000

Allora il problema è di capire e di dotarsi di questa comprensione che è poi quella dei processi reali che funzionano in momenti che magari per alcuni sono di più ampia autonomia anche di ricerca, perché ovviamente chi è ad esempio collocato all'interno dell'università, proprio per le caratteristiche di questa, ha degli spazi di autonomia maggiori che in altri settori. Però se si guarda a tutta una serie di persone che sono state all'interno di questi processi nei livelli medi e medio-alti, ma non altissimi, della costruzione di questa intellettualità, si vede che oggi sono all'interno di tutti gli ambiti televisivi, di tutte le istituzioni, dell'accademia; sono bene o male quello strato che, poiché ha sviluppato molto le capacità tecniche di funzionamento, adesso è la parte innovativa (ma dal punto di vista del capitale) di tutta una serie di processi di gestione ma anche proprio di produzione, andando chiaramente a vedere poi come questa è cambiata. Si potrebbero fare una quantità incredibile di nomi rispetto a come poi il sistema istituzionale e il sistema politico hanno riutilizzato queste capacità che si sono prodotte nei singoli soggetti in termini diversi, al di là poi delle scelte individuali delle persone. La cosa che abbiamo verificato nelle interviste fino a qui fatte è che non solo nessuno nega i processi di formazione di determinati periodi, ma c'è anche in fondo un ricordo che quelli sono stati delle parti significative e ricche della propria esperienza e della propria vita. Quindi, non c'è alcuna rimozione, c'è anzi una valorizzazione dei processi formativi di quei periodi e un non buttare via niente di quelle esperienze al di là di quelli che sono stati i percorsi e le collocazioni successive. Noi questa cosa la inserivamo anche in quel discorso che aveva fatto Alquati alla metà degli anni '70 sulla formazione di uno strato intellettuale che veniva costruito all'interno di quelli che erano i conflitti e i movimenti, poi lui ha fatto tutto un lavoro sull'università in quel famoso libro, "Università di ceto medio", e in quella ricerca che era apparsa su Aut Aut.

Se emergesse, questa è un'idea che fa capire tante cose anche agli altri, il fatto che ci siano stati questi passaggi. Il problema è di capire se questo ceto diffuso, oggi con certe funzioni e pur tuttavia con quel tipo di formazione, sia per esempio utilizzabile altrimenti, se ha ancora una vocazione alternativa, se potesse coltivarla in altre condizioni e con una modifica anche del clima politico, oppure se questo è impossibile: questo è un problema. Oppure se non ci sia poi, oltre questo, e se non si tratta di fare emergere un altro ceto (diverso da questo e anche sottostante rispetto ad esso) di persone che in fondo questa esperienza l'hanno fatta, l'hanno sfiorata, che non sono emerse a questi livelli di funzionalismo anche burocratico e che sono acquattate invece nelle pieghe della società. Io per esempio trovo nella scuola tutto uno strato di insegnanti che queste esperienze le hanno fatte, non le hanno rinnegate, più o meno le ricordano nel loro tipo di professione, che sarebbero disponibili anche per qualcosa d'altro se questo qualcosa d'altro emergesse e ci fosse, però non c'è e quindi se ne stanno lì. Questo strato è molto diffuso perché dovunque ti trovi delle persone che ti dicono: "io sono cresciuto su questi testi, "Operai e capitale" l'ho letto quando ero ragazzo"; c'è uno strato molto più diffuso di quanto uno non immagini di penetrazione di quelle cose. Quello è uno strato interessante che bisognerebbe fare emergere politicamente e pubblicamente, forse anche attraverso semplici racconti di queste cose. Per cui un lavoro di questo genere, pensandolo anche come un prodotto di una ricerca che può trovare canali di diffusione, può essere molto utile, perché porta a livello di coscienza qualche cosa che invece è soltanto implicito, cioè che ognuno si tiene per sé, ognuno separato dall'altro ed è come una coltivazione di una stagione; cosa che invece socializzata probabilmente non provocherebbe grandi scossoni, però farebbe emergere qualcosa di più interessante di quello che si vede in giro oggi, perché quello che si vede è soltanto poi quello che ci fanno vedere, cioè quello che vogliono fare emergere sempre gli altri, c'è questo appiattimento su un senso comune. Per cui bisogna pensare per questo lavoro anche a un tipo di sbocco che probabilmente può avere un'attività più vasta di quanto uno immagini, trovarne le forme, voi parlate di creare un sito, tutto questo strato credo che sia molto acculturato con questi strumenti, anzi penso che sia quello che li usa di più.

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