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> Percorso di formazione politica e culturale e figure di riferimento
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> Limiti e ricchezze dei movimenti degli anni '60 e '70
(pag. 1)

> Nodi aperti nel presente
(pag. 6)

> Limiti e ricchezze del movimento femminista
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> Il "poligono" dell'operaismo
(pag. 11)

> Colonizzazione della soggettività e possibilità di fuoriuscita
(pag. 13)

> I "numi tutelari"
(pag. 13)

> Autori significativi nella lettura del presente
(pag. 14)

INTERVISTA A MARIA TERESA TORTI - 17 GIUGNO 2001
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Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale e quali sono state le tue eventuali figure di riferimento?


Mi sembra di parlare della preistoria! Io ho avuto un percorso politico-culturale molto precoce e molto breve, perché è la storia di una ragazzina che proviene da una famiglia piuttosto conservatrice, conformista e apolitica, nel senso del blocco moderato che poi sostanzialmente sosteneva la DC negli anni '60, ma in modo indifferente, all'interno di una piccola città di provincia che era Alessandria. Dato che la mia famiglia e soprattutto mia madre è sempre stata molto cattolica, quasi maniacale, con posizioni molto rigide, il mio primo percorso di formazione politico-culturale in chiave critica, oppositiva, ribelle è passato attraverso il gruppo dei cattolici del dissenso: in particolare c'era un gruppo ad Alessandria che si chiamava Testimonianze Minime, c'era anche un noto prete che adesso insegna a Torino. Comunque, attraverso questa esperienza dei gruppi cattolici del dissenso e delle aree del dissenso cattolico (in cui c'erano anche figure di preti operai importanti come Giovanni Carpenea ad Alessandria), c'è stata la mia sensibilizzazione a una serie di problematiche sociali e politiche, poi subito dopo sono passata attraverso i Comitati Antimperialisti "Che Guevara" e successivamente in un gruppo che fu fondato ad Alessandria e da cui poi scaturì tutto il movimento studentesco (mi pare che l'anno di formazione fosse intorno al '67-'68), e si chiamava Democrazia Diretta. In questo gruppo, per esempio, c'era una persona come Brunello Mantelli, c'erano altre persone che poi presero vie diverse, tra Lotta Continua, PCd'I m-l, qualcuno in Avanguardia Operaia, qualcuno poi nel PCI. Diciamo che all'inizio i luoghi di discussioni e di aggregazione di queste istanze giovani e critiche e di queste soggettività ribelli erano i circoli dello PSIUP di allora, qualche sede ARCI e questi gruppi del dissenso cattolico però già molto politicizzati e già notevolmente orientati sull'impegno sociale. Dopo l'esperienza di Democrazia Diretta, c'è stato il movimento studentesco. Tutta la leadership di fatto prendeva come riferimento il movimento studentesco torinese, allora è venuta l'adesione a Lotta Continua, un rapporto come militante molto critico con LC un anno qui a Genova e in particolare per il rapporto con la figura di Paolo Brogi, di cui non conservo nessuna buona memoria. E poi una forzatura sulla militanza, una militanza molto maschilista, molto negatrice dei bisogni soggettivi, molto dirigistica. Allora, c'è stata una mia apertura verso un gruppo che mi sembrava desse più spazio a una riflessione collettiva: fu un errore, cioè ebbi un breve rapporto con Avanguardia Operaia. Questa struttura burocratica fu molto peggio, io per natura sono sempre stata una spontaneista, quindi in questa struttura rigida di AO non mi ci ritrovavo. Quindi, ci fu un po' l'uscita abbastanza presto dai circuiti militanti e invece l'impegno su tutto il tema dell'inchiesta operaia, il lavoro operaio, la ricerca sulle condizioni operaie soggettive: molto lavoro con gruppi di base nelle fabbriche, soprattutto sul tema del lavoro, della salute, della nocività, quindi il rapporto fra qualità della vita, organizzazione, organizzazione del lavoro, soggettività e bisogni. Questo è un po' il mio percorso. Poi ci sono state molte altre cose: io sono stata coinvolta e vittima di un attentato delle BR, e questo ha segnato una mia chiusura con la politica che non si è più sostanzialmente riparata.


Complessivamente, quali sono stati secondo te i limiti e le ricchezze dei movimenti degli anni '60 e '70 e quali sono i nodi che rimangono aperti dall'analisi di quelle esperienze?

E' difficile dirlo, perché questo per me è un momento un po' particolare. Io ho avuto problemi di salute molto gravi ultimamente, e ciò fa sì che questa intervista sia per me curiosa, in parte dolorosa, in parte estraniante, in parte riprende un filo, a un certo punto ti capita nella vita qualcosa che ti dà un brutto scossone: allora, tu pensi al tempo che hai vissuto, incroci le dita per l'avanti, e quello che hai vissuto lo vedi in una luce strana, perché è anche in una luce strana. Se io vi avessi incontrato due o tre anni fa non so se vi avrei fatto questa intervista così, dove non conta solo e non parla solo una soggettività, ma parla una soggettività in questo momento molto particolare e molto segnata da eventi e quindi con una certa prospettiva.

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