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INTERVISTA A EMILIO SOAVE - 27 OTTOBRE 2000


Il tutto poi ovviamente fece un salto con gli scioperi del '62, nel senso che con essi Torino divenne in qualche modo un polo di turismo politico da parte di tutti, perché c'era stata la riscoperta della classe operaia Fiat, la riscoperta appunto dei giovani operai, già preceduta peraltro da quello che era avvenuto a Milano prima che la lotta si sviluppasse alla Fiat; però, avendo Torino e la Fiat un ruolo emblematico è chiaro che quello che io ho chiamato turismo politico aveva come suo epicentro soprattutto Torino. Adesso è inutile che io racconti cose che sono note: ci fu la prima grossa frattura in coincidenza con i fatti di piazza Statuto, perché in quel momento la lotta si spostò fuori dalla fabbrica. Allora ci fu chi accettò lo spostamento della lotta fuori dalla fabbrica, il passaggio alla dimensione della piazza e della folla, e chi invece (e fondamentalmente Panzieri era in questa seconda categoria) riteneva che fosse un errore spostare la lotta fuori dalla fabbrica, ritornando appunto alla dimensione della folla soprattutto poi in un momento in cui la folla andava a dare l'assalto a una sede sindacale com'era quella della UIL, che era notoriamente un sindacato scissionista, un sindacato giallo ecc., però veniva comunque visto negativamente il fatto di andare ad assalire una sede sindacale, veniva vista come una frattura violenta. Direi che di lì probabilmente parte poi tutto il resto della vicenda successiva. Io con altri fui tra quelli che si fecero peraltro incastrare dalla polizia in piazza Statuto, finendo nei cortili delle caserme di corso Palestro e poi alle casermette a prendersi le botte, mentre Vittorio Rieser ed altri (Panzieri aveva preso una posizione più soft) avevano dato un giudizio fortemente negativo su piazza Statuto, dicendo che quel moto aveva lasciato ampio spazio alla provocazione, quindi si faceva sostanzialmente il gioco della polizia nello spostare la lotta dalla fabbrica a un'altra dimensione dove diventava incontrollabile e dove anche da parte degli operai non era più possibile mantenere la gestione dello sciopero.


Come capitano a Torino Alquati e Gasparotto?


Adesso non vorrei mitizzare, ma io ho tanto l'impressione (però di questo chiederei conferma a Romano) di essere forse stato io inizialmente a fare da tramite. Io avevo passato un anno a Milano in quel periodo perché avevo avuto una specie di borsa di ricerca presso l'Istituto Morandi proprio per fare una ricerca sulla storia dei consigli di fabbrica; quindi mi trasferii a Milano andando a vivere in una specie di comune di via Solferino, nella zona di via Brera, dove buona parte dei milanesi che facevano riferimento ai Quaderni Rossi transitavano. Quindi, ripeto, non vorrei mitizzare, ma forse l'aggancio avvenne attraverso di me. Mi pare tanto che sia avvenuto così, quando ancora ovviamente non c'era un collegamento con i Quaderni Rossi da parte di Romano che invece veniva dal gruppo di Unità Proletaria. Devo dire però che Panzieri era comunque amico di Montaldi, era a lui legato se non altro attraverso il mondo redazionale einaudiano. Quindi, a livello umano probabilmente fui io il tramite, forse a livello culturale invece fu Montaldi, mi sembra che sia andata più o meno così. Per cui poi questo gruppo milanese entrò a far parte di Quaderni Rossi che in quel periodo veniva quasi configurandosi come un movimento più che non come semplice rivista, venne poi configurandosi come un gruppo politico che quindi cominciava a cooptare altri pezzi sparsi sul territorio e altre esperienza al suo interno. Questo anche se fin da allora, dopo il primo numero della rivista, era abbastanza netta la frattura tra un'ala più interessata alla sociologia e un'area più interessata all'azione politica diretta, questo penso che sia una specie di dicotomia insita nella vicenda dei Quaderni Rossi proprio fin dalla sua nascita. Per cui ci fu obiettivamente chi visse l'esperienza dei Quaderni Rossi quasi come formazione di tipo universitario, come una specializzazione verso la sociologia industriale, e chi lo vedeva semplicemente come un passaggio politico.


Facendo un'analisi critica dell'esperienza dei Quaderni Rossi, quali secondo te ne sono stati i limiti e le ricchezze, e quali sono stati i limiti e le ricchezze di queste due componenti che tu hai delineato?

Queste due componenti probabilmente riuscivano a stare insieme attraverso la figura di Panzieri, che a parer mio non era forse una persona di grande spessore teorico ma era un grande organizzatore di cultura, non so come definirlo.

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