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INTERVISTA A EMILIO SOAVE - 27 OTTOBRE 2000


Quindi, quelli erano i contatti che aveva Panzieri a Torino all'interno del movimento sindacale; la FIOM era di fatto un partito a Torino, molto separata invece dalla federazione torinese del PCI che puntava soprattutto in quel periodo sul dialogo con i cattolici, gli agganci con la piccola e media imprenditoria, con l'artigianato e quindi portava avanti una nuova politica delle alleanze che era vista differentemente dal movimento sindacale torinese e soprattutto dai metalmeccanici e dai chimici che erano un po' il nerbo sindacale di allora. Per questo erano quasi due partiti distinti, uno interclassista e uno invece con una connotazione più spiccatamente classista.


Quali erano le figure principali del PCI a Torino in quel periodo?

Il PCI qui non aveva figure di spicco. C'erano sia i garaviniani sia figure come Pecchioli che invece era molto più funzionario di partito di stampo tradizionale, direi sovietico non nel senso che fosse necessariamente prosovietico ma come figura ideale. Il Partito Comunista di Torino allora non aveva grosse figure di spicco, forse gli unici che avevano in qualche modo alzato il tono erano stati Minucci e Vertone con quel libro, "Il grattacielo nel deserto", il primo che aveva cominciato a sollevare una discussione intorno al ruolo della Fiat e al rapporto fra la Fiat e la città. Minucci arrivava da Grosseto, anche Vertone era da pochi anni a Torino, erano in qualche modo due corpi estranei rispetto all'apparato vero e proprio del PCI. Forse non aveva figure di spicco al di là di Pecchioli, ma aveva questa sua articolazione in sezioni, il segretario di sezione, uno stuolo di funzionari che poi ovviamente si disperdeva nei rivoli più diversi, dalla Lega delle Cooperative, dove c'era l'Alleanza Contadina, il sindacato stesso, quindi era veramente un apparato fortemente articolato sul territorio. All'interno del quale avvenivano poi anche scambi, nel senso che c'erano magari funzionari che arrivavano dall'Emilia e portavano la connotazione più tipicamente emiliana, altri che magari dal Piemonte andavano a Roma e poi ritornavano portando con sé esperienze romane. Però, l'articolazione del PCI di allora sul territorio era veramente fittissima e ramificata, dalle sezioni alle case del popolo ai circoli culturali, le bocciofile, i circoli sportivi, e poi appunto gli apparati vari come gli uffici sindacali in senso stretto. L'apparato sindacale era comunque distinto, soprattutto per quel che riguarda i metalmeccanici, aveva una storia diversa e si muoveva in modo diverso; quindi, forse anche da ciò derivava questa frattura.
Dunque, arriviamo alla formazione dei Quaderni Rossi: questo era il tentativo fatto da Panzieri di far pesare l'esperienza torinese e quindi questi agganci che lui aveva in qualche modo creato a Torino sia con i sindacalisti sia con giovani, come eravamo noi allora, che dal movimento studentesco eravamo andati alla fabbrica: di far dunque pesare questo a livello nazionale forse per rilanciare in qualche modo l'esperienza che era stata di Mondo Operaio ma a un livello diverso e che quindi fosse anche molto più aperto alla nuova sociologia. La figura di Luciano Gallino è abbastanza importante, anche lui veniva dall'esperienza olivettiana, da esperienze come quelle di Ragionamenti, di Passato e Presente, Guiducci ecc.; anche Gallino ebbe un peso notevole nella nascita dei Quaderni Rossi. Non credo che prima Panzieri sapesse cos'era la sociologia e soprattutto la sociologia industriale, la scoprì attraverso Gallino e in parte attraverso Pizzorno, però forse a Torino soprattutto attraverso Luciano Gallino. I Quaderni Rossi avevano una redazione di carattere nazionale in cui Panzieri faceva pesare le sue precedenti esperienze romane, le sue conoscenze romane, le esperienze appunto di Mondo Operaio; però, forse lui voleva che avesse al suo centro in qualche modo questa sua nuova esperienze torinese che gli aveva fatto fare sicuramente un salto. I legami però con le altre personalità all'interno dei Quaderni Rossi e in primis Mario Tronti bisogna dire che erano gestiti tutti da lui, perlomeno nei primi due numeri della rivista non c'era una circolarità: lui si poneva come il mediatore, di quando in quando c'erano queste riunioni di redazione molto informali che si facevano in occasione della venuta di qualche personaggio appunto come Tronti a Torino, ma era sempre lui che deteneva la mediazione.

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