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INTERVISTA A EMILIO SOAVE - 27 OTTOBRE 2000


Quindi, forse ci fu un aggancio anche di quel tipo, una critica dell'approccio o comunque delle definizioni trotzkiste che venivano date in quel periodo e invece un avvicinamento a Socialisme ou Barbarie che poi nel caso dell'aggancio con Daniel Mothé voleva dire aggancio con la nuova classe operaia, lui era portatore di questa visione un po' diversa della classe operaia, di attenzione soprattutto ai fenomeni di ricambio generazionale e di attenzione alle nuove generazioni operaie che erano molto estranee alla politicizzazione sia partitica che sindacale storica. Andando un po' senz'ordine, sempre in quel periodo avevamo preso contatto con un gruppo che si chiamava Democrazia Diretta, che anch'esso per vie diverse si stava un po' avvicinando a posizioni similari; a Genova c'era invece una classe operaia molto vecchia e sindacalizzata, ma ai fatti che portarono al 30 giugno del 1960 contro il governo Tambroni anche lì ci fu, accanto alla discesa in campo della vecchia classe operaia genovese (i portuali, i siderurgici e così via), la discesa in campo di giovani operai che non facevano riferimento a esperienze storiche. Il gruppo di Democrazia Diretta a Genova anch'esso valutava questi primi momenti innovativi.


Chi c'era in questo gruppo?

C'era Gianfranco Faina. La testata fu successivamente ripresa. Facemmo riferimento anche ad un gruppo di portuali il cui leader non mi ricordo più come si chiamava, questi aveva più un aggancio con il sindacalismo rivoluzionario. Poi c'era un certo Gino Bianco, che invece era legato soprattutto all'esperienza azionista ma in senso però marcatamente antistalinista e quasi anche anticomunista; era legato alla figura di Andrea Caffi e gli altri che venivano dalle fila dell'azionismo.
Tutto questo rimescolio trovò poi di fatto un punto di coagulo con la venuta a Torino di Panzieri e la sua disponibilità ad ascoltare queste voci diverse; quando lui venne qui nella redazione della casa editrice Einaudi, in un primo tempo per dirigere soprattutto la collana che si chiamava Passato e Presente, apparvero testi di Fanon e altri testi che per l'Italia erano marcatamente nuovi. Panzieri all'interno della casa editrice Einaudi era forse abbastanza isolato tranne due o tre persone con cui legava ed erano Cases, Solmi e qualcun altro. Il Panzieri veniva dall'esperienza della rivista Mondo Operaio che aveva cercato di rivalutare soprattutto la tradizione dei consigli di fabbrica, riscoprire il movimento consigliare nelle sue varie articolazioni italiane ed europee, quindi il socialismo dei consigli come modello ideologico. Quando Mondo Operaio aveva pubblicato le tesi sul controllo operaio sostenute da Panzieri e Libertini ciò aveva aperto una grossa discussione in seno al Movimento Operaio o perlomeno nelle sue espressioni letterarie. Panzieri era venuto a Torino con questa mitologia in testa che era quella del vedere se a Torino si poteva ripraticare il socialismo dei consigli, quindi abbastanza ingenuamente riproporre un'ideologia di tipo consigliarista. Allora Panzieri sempre all'interno della casa editrice Einaudi era abbastanza influenzato da Sergio Caprioglio, che anche lui come storico aveva riscoperto il Gramsci dei consigli di fabbrica. Poi queste ideologie si ridimensionarono abbastanza presto nello scontro con la realtà, comunque sia con la fisicità di una città operaia che non era quella di chi venendo da Roma e avendo vissuto queste cose, come dicevo prima, a livello soprattutto letterario poi non sapeva cos'era fisicamente la fabbrica o la classe operaia al di là del mito. Quindi, Panzieri cominciò a cercare contatti con noi perché eravamo forse gli unici giovani che avessero in qualche modo cominciato a vedere e anche a vivere le nuove esperienze di fabbrica e il contatto con le nuove generazioni operaie. Quindi, ci utilizzò forse per trovare un aggancio con la realtà che gli mancava totalmente, al di fuori di quello che era il movimento politico e sindacale organizzato. I suoi agganci erano soprattutto a livello della sinistra sindacale di allora, Sergio Garavini insomma; la FIOM torinese godeva allora di questa fama di sinistra sindacale anche perché era stata costituita in gran parte dai licenziati di rappresaglia degli anni '50, che però da soli forse non erano sufficienti a dare questa connotazione ideologica se non ci fossero state persone come Garavini e Trentin, il quale era a Roma ma manteneva stretti contatti con Torino. Poi insieme con Garavini c'era Cominotti che era stato uno dei protagonisti del movimento dei consigli di gestione nel dopoguerra, che poi veniva magari a torto visto come una riproposizione dell'esperienza consigliare del primo dopoguerra.

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