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INTERVISTA A EMILIO SOAVE - 27 OTTOBRE 2000


Ad esempio, proprio a partire dai fatti di corso Traiano ci fu poi una discesa in campo delle periferie urbane, come via Artom, corso Taranto, giovane classe operaia anche quella ma soprattutto giovani proletari o sottoproletari delle borgate di periferia appena nate che, approfittando sia del movimento studentesco che era presente sul territorio con volantinaggio intenso, sia degli scioperi del '69, cominciò a muoversi e ad acquistare una sua esistenza politica. Il popolo non delle borgate romane ma delle borgate periferiche di Torino era una cosa ben diversa; sono le cose da cui è partito Magnaghi anche, il quale ha cominciato a scrivere allora le sue prime cose, poi le trasportò in visione naturalmente più nobile su Contropiano negli anni successivi. Magnaghi si era formato allora nella facoltà di Architettura di Torino.


Sul '68 gli intervistati che vengono dalle esperienze di Quaderni Rossi e di Classe Operaia o ne danno proprio un giudizio negativo, dicendo che è stato molto mitizzato e che in realtà non è stata la cosa più significativa che c'è stata, o addirittura proprio lo considerano un momento di innovazione della dimensione capitalistica.


Comunque se il '68 avesse avuto il suo sfogo normale, oltre ad essere stato una grossa rivoluzione di costume, un grande fatto sociale, avrebbe semplicemente portato al rinnovamento della classe politica in tempi brevi. Invece, trovatosi contro un partito come era il PCI di allora, non parliamo poi del Partito Socialista, comunque trovatosi contro una sinistra ufficiale fortemente chiusa in se stessa, in posizione difensiva, legata a una cultura ormai invecchiatissima e che si era richiusa a riccio di fronte a qualsiasi innovazione, questo ricambio generazionale fu bloccato. Bloccatosi il ricambio generazionale, come giustamente voi dicevate questi erano i figli di, e quindi avrebbero dovuto essere quelli che prendevano il posto dei padri nella sinistra di allora: invece, con questa chiusura a riccio ci fu poi non a caso la dimensione del terrorismo, come blocco di un processo di rinnovo. E' un giudizio negativo magari condizionato anche dal fatto che questo ricambio politico non è avvenuto, per cui sono poi entrati a far parte della classe politica venti o trent'anni dopo; questo è ridicolo, mentre invece il ricambio della classe politica negli altri paesi è avvenuto quasi contestualmente, dalla Spagna alla Francia alla Germania.


Poi tu sei arrivato all'esperienza dei Verdi.

Sono arrivato all'esperienza dei Verdi nell'83. E' un'esperienza che condivido per parecchi anni, adesso c'è molto distacco devo dire, per cui ora mi sento abbastanza lontano pur essendo un ambientalista in senso ampio. L'esperienza dei Verdi c'è forse stata un po' dappertutto, ad esempio in Germania, su quel problema su cui si era spostata la nuova sinistra nel momento in cui aveva cercato di darsi una dimensione che non fosse quella del terrorismo o quella del ritorno nelle vecchie case della sinistra. Quindi, al di là proprio dei contenuti specifici (l'elemento dello sviluppo e chi più ne ha più ne metta), forse era l'unico terreno politico autonomo su cui ciò che restava della sinistra giovanile degli anni '60 e '70 poteva darsi una nuova casa. Anche perché appunto l'esperienza del terrorismo, non soltanto nelle persone che l'hanno vissuta ma anche in tutti quelli che li hanno circondati in quel periodo, è stata un'esperienza annichilente. Io per primo che avevo messo in piedi il gruppo di Potere Operaio a un certo punto capii che le cose stavano sfuggendo e una serie di persone che erano cresciute intorno al gruppo di Potere Operaio sono poi finite direttamente nel terrorismo. Per cui nel mio piccolo mi affrettai a sciogliere il gruppo di Potere Operaio, sentendomi magari un po' colpevole perché alcuni di questi non dico di averli spinti, ma forse assecondati io stesso.

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