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INTERVISTA A EMILIO SOAVE - 27 OTTOBRE 2000


Successivamente ai Quaderni Rossi qual è stato il tuo percorso?


Quando ci fu la famosa frattura io ero tendenzialmente e umanamente più vicino all'ala che si era staccata da Panzieri perché non avevo molta simpatia neppure umana per quello che chiamavo la corrente sociologica. Nello stesso tempo sentivo delle volte degli elementi di astrazione e di forzatura dall'altra parte, per cui pur solidarizzando magari con esperienze come quella del Gatto Selvaggio di Romolo Gobbi (che si beccò anche una denuncia, era finito in prima pagina su un settimanale di allora, Gatto Selvaggio sembrava diventata la nuova minaccia dopo gli scioperi del '62) rimasi abbastanza in disparte. Poi ripresi la tessera del PCI e ricominciai a fare attività politica all'interno di una sezione del partito, in una dimensione abbastanza entrista come era quella dei trotzkisti di quegli anni a cui io non aderivo però con cui lavoravo. Feci la scelta di ritornare nel Movimento Operaio organizzato cercando di lavorare soprattutto con quella che era la nuova generazione all'interno della Federazione Giovanile Comunista di allora, i quali erano più giovani di me ma erano quelli che avevano di fatto assunto il controllo della FGCI torinese del tempo, c'erano Massimo Negarville, Cafarro, la figlia di Garavini. Sempre in quel periodo alcuni di noi avevano cominciato a bazzicare i gruppi maoisti, non fui mai un adoratore del maoismo però mi ricordo comunque i gruppi di studio sulla questione della rivoluzione culturale. Mi ricordo che facevamo delle letture da certosini dei periodici cinesi, c'erano quelle due o tre organizzazioni che diffondevano le riviste cinesi tradotte in francese, in inglese, noi si andava a cercare ad ogni costo l'affacciarsi della classe operaia cinese sulla scena, per cui leggendo tra le righe, tra le frasi stereotipate si cercava di capire che lì forse era in atto uno sciopero, con un lavoro di scavo incredibile, pensando che forse non erano solo contadini e studenti ma che c'era anche la classe operaia.
Continuando con la mia storia personale, lavorai in quegli anni all'interno del PCI, soprattutto legato a questo gruppo della Federazione Giovanile Comunista, e poi mi agganciai con un gruppo che all'interno dei Quaderni Rossi aveva vissuto praticamente la stessa esperienza che avevamo vissuto noi allora, un gruppo che aveva ripreso a lavorare davanti alle fabbriche, con le fabbriche, nelle fabbriche e che si era poi trovato analogamente in conflitto con l'ala sociologizzante. Tutti insieme, quindi la frazione della FGCI di allora, io e questi altri che si stavano staccando dai Quaderni Rossi arrivando a un grosso conflitto con Panzieri, demmo vita a Potere Operaio di Torino all'inizio del '68, più o meno in coincidenza con la nascita del movimento studentesco. Ciò nello stesso periodo in cui invece Gobbi, insieme a Giampiero Cesone detto Peo (anche lui veniva dal PCI) ed altri davano vita al Fronte della Gioventù, mentre Dario e Liliana Lanzardo avevano fondato la Lega Operai e Studenti. Nel frattempo da parte di Tronti e di altri di Classe Operaia c'era l'entrata e per alcuni il ritorno nel PCI e una ricomposizione anche lì di forme di entrismo che non avevano nulla a che fare con quelle trotzkiste, però erano comunque un tentativo di ritornare a lavorare all'interno del partito. Dunque, Romolo Gobbi insieme con alcuni giovani operai comunisti diede vita a questo gruppo che si chiamava con una sigla che ricordava molto quella di un'organizzazione di estrema destra. Comunque, poi ci ritrovammo tutti assieme, Lega Operai e Studenti (alias Dario e Liliana Lanzardo), io come Potere Operaio (che non era Potere Operaio veneto-emiliano di Negri ed altri, ma era Potere Operaio di Torino che usciva come supplemento a Potere Operaio di Pisa) e Romolo Gobbi con il suo gruppo. Ci trovammo poi tutti e tre a cercare di portare il movimento studentesco davanti alle fabbriche, quindi ci trovammo poi a riproporre in modo diverso, molti anni dopo qualcosa di simile a quello che avevamo già cercato di fare nel periodo dal '59 al '62, con una visione diversa ma cercando di utilizzare il movimento studentesco come cassa di risonanza per gli scioperi del '68.

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