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INTERVISTA A RENATO ROZZI - 12 MARZO 2001

Ci sono diversi aspetti e soprattutto diversi livelli di soggettività. Per esempio, la soggettività operaia, sia individuale sia collettiva, è una cosa, la soggettività politica è un'altra cosa, non sono sullo stesso livello. In tutte le persone che poi si sono aggregate in gruppi, in dimensioni collettive o altro, che hanno comunque fatto un passaggio a soggettività politica, nelle cose che le hanno mosse, nei percorsi che hanno fatto, nello stesso modo di essere, si vede che c'è una differenza grossa tra soggettività operaia e soggettività politica. Questo è un po' il nodo della nostra ricerca, stiamo cercando di capire perché e quali sono state le traiettorie che hanno portato determinate persone in momenti specifici a fare dei percorsi che se no non sarebbero stati possibili. Chi ha fatto determinate esperienze di formazione politica e culturale si è poi trovato dietro un bagaglio che ha successivamente speso altrove, magari primeggiando in certi ambiti sistemici. Questa generazione che si è formata negli anni '50 e '60, anche negli specialismi, si è poi collocata all'interno della società in termini sistemici. Dunque, la soggettività politica, che è quella che ha spinto una grossa parte di queste persone a formarsi in un determinato modo, costituisce uno dei nodi su cui bisognerebbe ragionare.

Visto che la domanda parte da questo problema, soggettività operaia e soggettività politica, io dico con sicurezza, per quello che ho capito, e cioè per la mia impostazione, che inizialmente non esisteva nel Partito Comunista la soggettività operaia ma solo la soggettività politica. La soggettività operaia era infatti annessa alla soggettività politica, e gli elementi più personali e non politici della soggettività non erano valutati: l'amore, l'amicizia, i sentimenti e via di seguito erano tutti subordinati all'esigenza politica. Quando si è cominciato a parlare di soggettività operaia, e in questo caso io sono uno di quelli che l'ha fatto, si è incominciato a interpretarla non solo come soggettività politica, come era vista dal Partito Comunista e dal marxismo, ma anche come qualcosa di molto diverso. Per esempio, immettere la visione freudiana della tendenza al piacere voleva dire parlare di qualcosa che non è immediatamente politicizzabile. Marcuse è uno di quelli che ha teso a dire che la tendenza al piacere era eversiva e rivoluzionaria, ripreso da alcuni gruppi del '68. Ma questa è già una visione ben diversa da quella in cui la classe operaia soggettivamente, in certe condizioni oggettive, portava avanti il destino del mondo, cioè aveva in mano l'essenza della politica, era lei a produrre le soluzioni politiche del mondo. In seguito però, quando si vede veramente cos'è diventato l'operaio, si capisce che non è soltanto un politico: chi è soltanto un politico è un San Francesco, com'erano state anche valorosamente nella Resistenza persone che abolivano la propria vita personale perché tanto la vera questione si definiva in problemi di vita o di morte, era quella per cui combattevano e tutto il resto (moglie, figli, il sesso ecc.) era in second'ordine. La situazione col tempo si capovolge, nell'elemento soggettivo si prende dentro l'uomo come lo conosciamo adesso, cioè un uomo non solo ambivalente e contraddittorio, ma pericoloso, profondamente sempre rinnovantesi: per cui la soggettività è qualcosa che tu cogli in un certo momento ma il momento dopo non la cogli più, perché è già diversa, qualcosa che non può essere conchiuso e preso in mano definitivamente da un partito politico. Adesso ci sono delle situazioni di libertà e di formazione diverse, mentre una delle cose che aveva in mano il Partito Comunista (che quindi lo rendeva gelosissimo di uno che era di sinistra e psicanalista come me) era proprio "non toccarmi il cuore delle persone, non svegliare delle cose che in questo momento - e questa era già una posizione più saggia - devono essere lasciate stare perché prima di tutto c'è la politica". C'era una fortissima gelosia nell'andare a influenzare certe cose, nei confronti di chi come me si interessava della vita sessuale di tutte le persone, non nel senso banale, visto che anche nel mangiare uno è sensuale, anche nel vestirsi. E' quello che hanno rivendicato i giovani, che hanno spaccato questo dominio comunista della soggettività politica e del proletariato, il '68 ha messo proprio a soqquadro tutto. Allora si è avuta un'idea molto più larga e la soggettività politica si esprime in un'infinità di cose, si esprime anche nel far l'amore, e questo è il '68, basta ricordare gli slogan.

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