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INTERVISTA A RENATO ROZZI - 12 MARZO 2001

Io vengo da una riunione con dei giovani operatori di un gruppo di matti (di ex persone del manicomio che ora stanno in piccole istituzioni): questo lavoro dice che io sto ancora seguendo quella vecchia linea che non era mai valutata. Per esempio, non era per niente valutato il fatto che Basaglia dicesse che la questione più importante era la liberazione di quelle minoranze perseguitate che erano i matti, i devianti e via di seguito. Quelli dei Quaderni Rossi non valutavano queste questioni, lo facevamo solo Jervis, io, ma entrambi non siamo stati nei Quaderni Rossi, eravamo solo vicini. Io sono andato a delle riunioni perché ero a Ivrea e quindi andavo a Torino, conoscevo tutti, Rieser è stato con me quando ha fatto uno stage, come Guido Viale, perché hanno avuto delle borse dall'Olivetti: Rieser poi ha condotto degli scioperi e l'hanno mandato via, quando è esploso il '68, Viale se ne è andato da solo. C'era insomma un'apertura da parte di persone che lavoravano in un'azienda estremamente libera e piena di gente di sinistra, e che però era anche un'azienda che produceva in un mercato. Tuttavia all'Olivetti c'era gente come me, anche se io avevo delle difficoltà particolari perché ero uno psicologo. Ho lavorato nell'unica industria che era veramente libera, che dava delle soluzioni intelligenti, non certo alla Fiat: poi ho cessato di fare lo psicologo del lavoro. Però, questo dice quante difficoltà ci fossero e come da discipline scientifiche o universitarie diverse (c'era chi era troppo sociologo, addirittura chi era troppo psicologo, ma peggio ancora chi era troppo psicanalista come me) la soggettività operaia veniva vista in maniere profondamente diverse.


Banfi, che è stato un punto di riferimento per Paci, era però nel Partito Comunista.

Rispondo in maniera abbastanza precisa perché si può trovare la documentazione. Io ho conosciuto Banfi come professore prima che morisse; un grande amico mio e di Romano, Guido Neri, che purtroppo sta molto male, è stato il migliore allievo di Paci e ha conosciuto anche Banfi, ha scritto delle cose sul rapporto tra Paci e Banfi, soprattutto sul momento preciso in cui quest'uomo (che era l'unico anti-Croce formato a livello europeo perché era stato alla scuola di Husserl, era l'unico in Italia di quel livello lì) è diventato un membro del Partito Comunista. Da quel momento è diventato uno stalinista e le cose sono cambiate anche dal punto di vista filosofico. Questo momento è cruciale per la generazione che ha formato me (Banfi, pur avendolo conosciuto, per me è il nonno). La generazione dei Giulio Preti, dei Geymonat (che però era un po' uno stalinista anche lui), soprattutto dei Paci, Cantoni, Dal Pra (erano all'università di Milano, Giairo Daghini e gli altri hanno fatto gli esami e si sono laureati con questi professori di sinistra), si è opposta al fatto di entrare in una situazione come quella del Partito Comunista stalinista. Tra i Preti, Cantoni, Paci ecc. c'è chi è andato in una posizione dissidente tipo Geymonat. Lì si vede bene come la situazione è drammatica e come produce noi attraverso le persone che non sono entrate nel Partito comunista, così come produce noi attraverso Paci in quanto dissenzienti non tanto dal Banfi filosofo, fenomenologo ecc., grande uomo europeo di grande cultura, quanto dal suo diventare il filosofo del Partito Comunista. Ciò è ben descritto in pubblicazioni di cui una è appunto di Guido Neri. Allora, questa domanda è giusta per dire che derivazione abbiamo, ma anche in che maniera noi abbiamo liberamente sviluppato il concetto di soggettività proprio contro il modo in cui era intesa e rimossa dal Partito Comunista.



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