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INTERVISTA A RENATO ROZZI - 12 MARZO 2001

Ancora un nome: Arnold Gehlen.

Io non lo conosco molto, ho un paio di libri. Non ho mai letto un suo libro per intero, c'era anche lui, addirittura è stato tradotto da un amico nostro, del nostro ambito, quasi tutti i miei amici hanno avuto rapporti con le case editrici, dalla Feltrinelli dove ho pubblicato il mio primo libro all'Einaudi e via di seguito. L'interpretazione della tecnica e del costituirsi della visione della tecnica era molto interessante, è un po' lontano ma è un altro che è servito, però non l'ho approfondito.


A un certo punto c'è anche un gruppo, al cui interno c'è Bertolino, che cerca di introdurre la fenomenologia nella psicologia.

Troppo tardi, gli unici che avevano una vera impostazione fenomenologica erano uno psichiatra che si chiamava Carniello, che era molto avanti, era molto solo, e in parte Basaglia nella sua parte non di capopopolo. Poi è entrata più attraverso la psichiatria e in alcune visioni psicanalitiche della fenomenologia, per esempio Bisvanger. La descrizione di grandi sindromi che fa Bisvanger è proprio quella che necessita dello sguardo fenomenologico, cioè di mettersi da un punto di vista diverso.


Bertolino aveva scritto uno o due articoli nel '58 o '59, poi praticamente si era completamente staccato da Aut Aut, probabilmente si è trattato di un passaggio molto veloce.

Io allora ero con Paci ma non me lo ricordo, l'ho sentito nominare negli ultimi quindici anni. Aut Aut era aperto con Paci ad una visione fenomenologica della psicologia. Io mi sono laureato con Paci e Musatti, li ho visti attaccare lite sul fatto che Musatti ha detto a Paci: "tu mi stai rovinando Rozzi perché lo stai facendo diventare un filosofo, invece deve fare lo psicanalista"; e naturalmente Paci mi diceva: "ti raccomando di non diventare un positivista, non fare lo psicanalista e basta". Questa era la situazione. Però, lì alla Statale tutto sommato c'era il positivismo psicanalitico di Musatti, che doveva introdurre la psicologia in Italia, i primi concetti, doveva avere pazienza, essere molto rigoroso, essere "scientifico" perché anche lì c'erano tutte le accuse di essere dei maneggioni; ma quando si trovava con Paci veniva fuori la parte filosofica di Musatti. Io ho lavorato molto con lui e l'ho conosciuto bene. E' venuta fuori la parte filosofica di Musatti e allora c'erano delle cose molto interessanti da un punto di vista filosofico rispetto al rapporto tra fenomenologia e psicoanalisi. Chi ha avuto l'influsso maggiore su questo rapporto è stato Merlau-Ponty: la prima volta che io ho trovato una cosa di questo genere è un capitolo de "La fenomenologia della percezione", molto bello, in cui faceva i conti da grande fenomenologo con la psicanalisi. Quelli erano gli inizi veri a cui forse può essersi ispirato anche Bertolino, perché se l'articolo è del '58 io mi ero già laureato e avevo già citato Merlau-Ponty nella mia tesi.


Cosa ci dici infine di Castoriadis?

L'ho conosciuto attraverso Montaldi. E' venuto a Cremona Morin, ne ho parlato con lui perché era nel loro gruppo di Argument (e noi Ragionamenti), ed era la persona più aperta alla psicanalisi che abbia mai sentito tra i marxisti e quelli della sinistra antistalinista, tanto che ha finito per fare lo psicanalista. Là senza riprovazione perché erano più avanzati, erano un gruppo vasto di gente, mentre uno come me era invece venduto al padrone ed era un prete perché curava le persone, questa era la cultura italiana di allora.

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