>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Alfabeta
(pag. 1)

> La figura di Enzo Paci
(pag. 8)
INTERVISTA A PIER ALDO ROVATTI - 16 OTTOBRE 2000
Scarica
l'intervista
in doc


Scarica
l'intervista
in rtf


Qual è la sua analisi dell'esperienza di Alfabeta?


Se si cercasse la parola Alfabeta su Internet, cliccando verrebbe fuori un libro che è quello uscito da Bompiani, curato dalla Maria Corti. Questo libro in realtà è un'antologia, ben fatta, è stata curata da Formenti e da Ferraris nelle parti politica e filosofia, poi ce ne sono anche altre, e Maria Corti è la curatrice complessiva. Dunque, uno vede questa antologizzazione e certo si fa un'idea di cose che erano contenute nella rivista, però sinceramente questo tipo di messaggio che arriva attraverso il libro è proprio lontanissimo da quello che poi è la realtà della rivista. Allora, io questa realtà della rivista la vedrei attraverso i significanti, come direbbe qualcuno. Il primo significante è l'oggetto materiale, cioè chi non ha visto Alfabeta non può ricordarsi quanto era grande il formato di questa rivista. Noi siamo abituati a tutto un altro tipo di strumento, fino all'impalpabilità dell'online, ma Alfabeta è di grande visibilità, ha un formato che è tra il tabloid di Repubblica e il tradizionale Corriere della Sera. Con anche una grafica di grande interesse, perché prima che entrassero delle immagini, dei disegni, delle fotografie in copertina se ne discuteva attentamente. Un po' come credo sia lo stile oggi mantenuto da certi quotidiani della sinistra, veniva messo in sequenza tutto l'indice, quindi con argomenti, nomi, senza occuparsi troppo del fatto che questo portasse a non avere ingombro. Quindi, veniva data l'impressione che dentro lì c'erano tante cose. Il primo significante è dunque quello, diciamo così, materiale; per cui è una rivista che non è soltanto un mensile per dire ma un mensile di fatto, nel senso che te la mettevi da parte, te la leggevi. Gli articoli erano spesso molto lunghi, ma non perché gli autori di questi articoli fossero personaggi che per loro vizio scrivevano molto (come capita anche spesso), ma perché si voleva che fossero lunghi, si voleva che fossero degli articoli impegnativi. C'erano dei modelli alle spalle, ma comunque il fatto è che oggi si lamenta spesso che manca l'opinione sulla stampa, invece lì il commento critico era proprio il dato di fatto.
Questa era la prima cosa; la seconda cosa è che il commento critico su cosa era? Certamente era anche su degli eventi, su dei fatti, ma l'idea della rivista era di incrociare l'evento, il fatto e quindi anche il supporto politico con i libri; e di incrociarli secondo un percorso. Questo lo dico perché è abbastanza curioso, in un certo senso questa cosa poi non si è mai più verificata così. All'autore, al collaboratore della rivista si chiedeva non "recensisci questo libro", oppure "metti questo libro accanto a questo contesto": ciò è automatico, cioè "di cosa vuoi parlare?" "voglio parlare di quel libro di economia, di politica, di filosofia" "se ne vuoi parlare evidentemente hai alle spalle una serie di motivazioni perché quel libro ha una attualità". Al di là di questo si chiedeva di costruire proprio un percorso attraverso fatti e libri. Questa era l'idea, però se si va a vedere le prime annate di Alfabeta è rispettata, poi dopo la si perde in parte. Ciò mettendo quindi insieme testi che a prima vista non sembravano essere omogenei, perché se ci sono tre opere di quell'autore è chiaro che è omogeneo in quanto si tratta sempre di quell'autore, a meno che uno sia impazzito; ma si cercava di mettere insieme, ad esempio, un'opera di filosofia, un'opera di politica e magari un fatto, una legge, oppure anche un evento vero e proprio (credo che ci siano anche degli esempi proprio di riferimenti ad eventi veri e propri). E quindi poi costruire un percorso che passasse attraverso queste cose. Quindi, c'è una sorta di invenzione, di produzione teorica che comportava l'operazione critica più complicata di quella che normalmente è, quindi con minore possibilità di fare appello a un bagaglio precostituito, cioè "io so scrivere un articolo su quell'argomento, lo faccio": no, la professionalità per scrivere un articolo su Alfabeta non c'era, bisogna farla, inventarla. Allora, che cosa è successo? E' successo, per arrivare subito al punto che è l'altro sedimento significante, che già a quel punto come battuta, ma è una battuta che corrisponde, circola nel cosiddetto micromondo di Alfabeta (poi possiamo anche entraci dentro) questo tipo di luogo comune: in Alfabeta ci sono più collaboratori che lettori. I dati si sanno, magari si trovano anche in quel libro di cui parlavamo prima.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.