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INTERVISTA A PIER ALDO ROVATTI - 6 GIUGNO 2000


Certamente in tutto questo c'è ancora l'idea di ricchezza che scivola, ma non è più il tema della faccenda. C'è ancora la questione dell'università come luogo in cui si produce il cittadino, si potrebbe dire oggi con la terminologia attuale; cioè cosa fa l'università, produce il tecnico? Certo che potrebbe anche ipotizzare di produrre il tecnico, ma se ipotizzasse e programmasse di produrre solo il tecnico non sarebbe più università, sarebbe un'altra cosa. La differenza che von Humboldt all'inizio dell'800 stabiliva tra le scuole tecniche e l'università era proprio questa: nelle scuole tecniche si apprende l'arte, nell'università si apprende l'arte di diventare cittadini. Questa è l'idea di università che sta alla base e che oggi fa ridere; però in realtà non dobbiamo poi ridere tanto di questa idea, nel senso che tutto sommato è poi questo che uno cerca dentro l'università. Certo che gli sembra di cercare il salvacondotto per andare poi a lavorare, e che cerca anche questo, ma non solo questo. Il non solo questo, se ci si pensa, è ciò che ha permesso la politicizzazione degli studenti: non ci sarebbe stata nessuna politicizzazione degli studenti senza questo elemento dell'eccesso, del surplus. Sto dicendo una cosa che forse non è condivisibile del tutto, mi rendo conto. Ma prendi gli studenti di medicina, trovi i loro motivi di lotta proprio nelle insufficienze, nelle strettoie autoritarie, nella cattiva organizzazione degli studi, nelle discriminazioni tra frequentanti e non frequentanti ecc., può essere, oppure può darsi che le vere questioni siano proprio sul fatto del permetterti di avere la laurea in tempi decenti, quindi che abbia ragione anche il riformatore, che fa la riforma, poi con tutti i problemi che ci sono, per rendere più spedita l'operazione: tutto questo può essere vero. Ma tutto questo, mi chiedo io, è sufficiente? No, non è sufficiente. Adesso gli studenti sono fermi, quando ripartono tutti guardano con gli occhi aperti, però in realtà non sono mai ripartiti in questi anni. Se ci fosse una posizione di lotta degli studenti... ma perché è difficile che questo si avveri? Perché se diventasse reale questa posizione, ci dovrebbe essere una consapevolezza di quell'eccesso, di quel "bisogno di", di cui ci si è dimenticati. Io ritengo che queste analisi sui bisogni degli anni '70, magari un pochino filtrate, non siano andate perdute. C'è un'estrema difficoltà di arrivare a riappropriarti di una domanda che riguarda te come individuo sociale; questa difficoltà che si è frapposta, perché si è spezzato e frammentato il quadro di riferimento, io credo che sia l'impedimento, quindi anche la vittoria di una situazione su un'altra, e anche il produttore di apatia: "io mi disinteresso di quelle che sono le mie sorti all'interno dell'università perché non riesco ad interessarmene, perché non le vedo più, è come se le mie sorti fossero un tema inattuale". Questa mi sembra che sia la situazione che si è trasformata da allora. Allora anche una rivista come Aut Aut poteva parlare in questo senso, per cui magari facevi un fascicolo su Alquati (abbiamo fatto anche quello), oppure a volte prendevamo un libro e facevamo un fascicolo su di esso: queste cose circolavano, e circolavano perché toccavano, perché la gente si identificava con quelle cose che riguardavano proprio l'apporto politico. Ora, cos'è oggi l'apporto politico? Rappresentanza, buona gestione, neanche cittadinanza perché la gente sorride sulla politica intesa come rapporto tra cittadino e grande politica: tutti sanno che Berlusconi andrà al potere, lo vedono come un destino, ma non se ne fregano più di tanto, questo è il punto. La cosa allucinante è che noi stiamo andando verso una catastrofe, quella che noi pensiamo essere una catastrofe, ma in realtà fischiettando come se in realtà non ci credessimo fino in fondo, nel senso che abbiamo smesso di credere anche all'alternativa, questo è il punto. Come dire: "già perché la sinistra… se è questa, allora non ci perderemo poi granché se poi quel deficiente con le sue televisioni si mette a governare, chissà magari... e comunque i nostri spazi riusciremo a mantenerli, basta che non ci prenda per il collo e ci strozzi... fino a quel punto tutto bene, poi se ci strozza... ma anche se ci strozza...": la gente ha imparato anche a farsi soffocare. E' tremendo quello che sta accadendo. E la formazione non è più quella dell'individuo, del cittadino, dell'individuo sociale: è la formazione tecnica, l'ideale è quello lì. Certo che a quell'ideale tu ci metti il fatto che il tuo territorio non è più l'Italia ma è l'Europa, è importante questo perché in qualche modo è una traduzione-deformazione dell'individuo ricco, il quale è un individuo che ha un luogo, che ha uno spazio, che vuole averlo più grande, che si muove nello spazio, che ha un movimento che lo sposta di qua e di là, mentre noi siamo incastrati nelle nostre microrealtà, ogni giorno di più.

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