>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Il dibattito interno ad Aut Aut
(pag. 1)

> La "coloritura" operaistica
(pag. 7)

> I modelli formativi oggi e la figura dello studente
(pag. 8)
INTERVISTA A PIER ALDO ROVATTI - 6 GIUGNO 2000


Oggi si fanno i corsi più strambi, più strampalati, magari anche più interessanti, per curiosità io perfino leggo le cose come la Rivista di Estetica, però non sono mica fesserie, ma non c'entrano più niente: per mediare il discorso del realismo che fa Ferraris con il discorso del bisogno sociale degli studenti ne devi fare di strada, non ci arrivi mai e forse è un'operazione completamente inutile. Per cui quando Ferraris, nel numero sull'università che stiamo preparando, scrive un saggio che si chiama "Un'Ikea di università", si può dire "che bello, ha avuto il coraggio di farci capire che è questo grande luogo dove si vanno a comprare dei mobili di fattura media", ma lui fa questo discorso per dire "dovrebbe invece essere un luogo in cui si fanno dei mobili belli": anche lì lo studente e la sua soggettività scompaiono, il problema è rivolto ai docenti, dicendo "bisogna fare questo, non l'Ikea". E' una situazione abbastanza allarmante: per esempio, io come rispondo a questa situazione? Rispondo andando avanti a credere che le cose non stiano così, e ad affannarmi, nel piccolo in cui lavoro (perché non so dove altro farlo, posso raccontarlo per strada ma non serve), a fare il contrario di quello che mi sembra essere il punto di arrivo della situazione. Ma devo dire che i risultati, in termini di produzione di consapevolezza, sono molto molto scarsi: "sì, dopo tutti questi discorsi dicci qual è il buon libro da leggere, in modo che se io ho seguito un corso di filosofia contemporanea sappia almeno perché l'ho seguito". Adesso non voglio che sia troppo bestiale il quadro, però io racconto quello che vedo. Io lì a Trieste ho visto proprio una sorta di spostamento dell'asse dell'interesse degli studenti da insegnamenti come il mio (che sono ancora frequentati, ma meno emotivamente e diffusamente di prima) verso insegnamenti completamente squalificati, che però danno o sembrano dare queste garanzie. "Sono laureato in epistemologia delle scienze sociali e questo mi dà una legittimazione scientifica, posso spendere questa laurea, posso trasformarla in un credito, non in senso tecnico ma in un credito che io acquisisco altrove. Se mi laureo sulla questione del rapporto tra spazi e potere nell'opera di Foucault" (faccio il titolo della tesi che sto per discutere adesso) "mah, insomma, non so cosa farmene: Foucault, chi è?". C'è anche un discorso di ciò che è buona cultura e ciò che non è buona cultura: la situazione di oggi dentro il mondo culturale si sta molto appesantendo, c'è una linea di displuvio molto dura che separa il bene dal male, e il bene è identificato con la spendibilità in termini di credibilità scientifica. Senza neanche passare per i modelli di tipo epistemologico, logico, dibattiti secondo me anche un po' oziosi come continentali e analitici ecc.: è proprio la spendibilità in termini tecnico-scientifici, che poi non è vera, perché poi non so mica se questi qui sono gli elementi che vengono valutati quando tu eventualmente vieni assunto o entri in un rapporto di lavoro, ma sono creduti come veri, fanno parte di quello che noi in Aut Aut abbiamo chiamato il supplemento d'anima. Il supplemento d'anima è quello lì: tu devi costruire un supplemento d'anima che si chiama scientificità, spendibilità scientifica. Lasciamo stare dove ti porta, ma è semplicemente un supporto ideologico. Certo, si poteva dire che anche prima la spendibilità politica era un supporto ideologico: certamente anche quella in parte lo era, però lì si tratta di misurare se spendibilità politica e spendibilità tecnico-scientifica sono la stessa cosa. Io credo di no, penso che siano cose completamente opposte, e la seconda cosa ti crea un'asfissia della mente, del pensiero e un'atrofia della tua individualità, se tu non fai altre esperienze; e la prima cosa, pur con tutti gli elementi ideologizzanti, ti permetteva di essere uno che aveva uno sguardo laterale oltreché frontale, uno sguardo più panoramico.
Prima quando tu facevi una tesi che toccava temi di movimento ti aggregavi ad un corpo collettivo di idee in cui facevi un'esperienza sociale e socializzante, oggi no, ora devi già essere in quel mondo lì. Questo studente che adesso fa la tesi con me su spazio e potere in Foucault è un operatore psichiatrico, lui è già socializzato, fa la tesi per trovare attraverso essa un incremento rispetto alle cose che ha già. Questo ancora sopravvive come fenomeno, ma lo studente in quanto tale non ha niente, perché non ha la misura, se non il lavoro che farà dopo, tra l'altro ipotetico e neanche prevedibile, perché poi io vorrei sapere che lavori andrà a fare. Non so come si esce da questa cosa: al di là della lamentela che le cose stavano così e adesso non stanno più così, cosa facciamo? Io sono convinto che le cose stiano ancora così ma non riusciamo a riconoscerle, e allora è un problema di percorsi.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.