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INTERVISTA A PIER ALDO ROVATTI - 11 MARZO 2000


I famosi "Grundrisse" contenevano anche il "Frammento sulle macchine" di cui si era servito Panzieri e che, comunque, era al centro della questione della lettura del neocapitalismo, come si chiamava allora. Questo testo rimetteva poi in discussione una serie di cose, anche il rapporto di Marx con la filosofia; ma, soprattutto, conteneva questa questione della scienza, dell'uso dell'intelligenza collettiva. Quindi, la questione dei bisogni poteva essere un trade d'union tra una critica alla chiusura di Marx all'interno di una lettura economicistica e l'apertura verso queste posizioni, che poi riportavano ancora fuori "Storia e coscienza di classe". C'era, dunque, tutto una sorta di movimento di riflessione filosofica su Marx a ripartire dai "Grundrisse", cosa che a me interessava parecchio, al punto che quando poi io ho l'occasione e la possibilità di fare l'intellettuale producendo cultura di libri, inauguro quella collanina di Feltrinelli che si chiama Opuscoli Marxisti con un testo che Negri aveva pubblicato non so su quale rivista, che si chiamava "Crisi dello stato-piano": esso, se si va a vedere, è una lettura dei "Grundrisse", quindi c'era una sorta di collegamento. Comunque, noi facciamo questo libro sui bisogni che esce da un editore milanese che si chiama Mazzotta, che poi si è messo a fare cose di arte successivamente, e Negri scrive un testo, che è una lunga ed elogiativa recensione, in cui dice che finalmente questi di Aut Aut sono con lui: era sostanzialmente un testo di cattura, di annessione. Noi ragionammo parecchio all'interno della rivista, che allora aveva una sua conduzione assembleare: non c'era un gruppo redazionale chiuso, con nomi e cognomi fissati sulla carta, ma avevamo riunioni di venti-trenta persone, in cui venivano vari personaggi, tra cui, ad esempio, Franco Fortini, Edoarda Masi, Lapo Berti. Erano, dunque, delle riunioni aperte, che poi furono riorganizzate successivamente. Si discusse parecchio di questa questione, con la Tomassini che tirava da una parte, Vigorelli che tirava dall'altra: noi eravamo i tre autori del libro. C'era una biforcazione: lo si pubblica o non lo si pubblica? L'idea era: se non lo pubblichiamo, lui lo pubblica da un'altra ed è ancora peggio, oltre che antipatico, visto che avevamo dei buoni rapporti; se lo pubblichiamo punto e basta, accade che, tutto sommato, noi mettiamo un timbro sulla rivista. Ma non c'era nulla da fare, in definitiva era una sorta di double bag, per cui o eri legato da una parte o eri legato dall'altra e quindi eri legato da tutte e due. Allora, non demmo ragione al detto vicentino "peso el tacon che el buso" e facemmo el tacon: il buso sarebbe stato non mettere niente, quindi fare vedere attraverso di esso che gabola c'era; il tacon era attaccare insieme a quella altre cose, che erano poi delle risposte, le quali però non contavano nulla, poiché la cosa che lanciava i suoi messaggi all'esterno fu quel testo di Negri. Questa cosa produsse una crisi della mia cosiddetta carriera accademica, che già era barcollante perché mi era morto Paci, il quale era un personaggio assolutamente poco in linea con l'accademismo. Ci fu dunque questa bollatura: "Negri ha preso Aut Aut", era questo il messaggio che poi, ingigantendo un po', veniva fuori. Questa cosa produsse una serie di effetti dai quali abbiamo fatto molta fatica a liberarci, sia all'interno sia all'esterno. Innanzitutto vediamo gli elementi positivi: la rivista ha cominciato ad essere molto più letta dentro al cosiddetto movimento. Già le cose erano andate bene con il numero su Panzieri, ma l'intervento di un personaggio molto efficace e affascinante intellettualmente (forse un pochino meno politicamente) come era Negri, produsse che la rivista comparve dappertutto, in bancarelle, in tutti i luoghi movimentisti. Di colpo, Aut Aut fu ritenuta una delle riviste di sinistra: forse lo era, ma a quel punto abbiamo avuto il battesimo. Quindi, in un certo senso, grazie a Negri, ma non grazie in altri sensi. Avvenne un casino bestiale all'interno della rivista, molti dissero che non ci stavano, specialmente alcuni del nucleo storico di Aut Aut: per esempio Guido Neri, che adesso insegna a Verona, era allievo di Banfi e se ne stava un po' a coté della rivista insieme ad un altro che si chiamava Rozzi, il quale si occupava di psicologia del lavoro. Erano tutte persone di sinistra, non erano di destra: la rivista era fatta da intellettuali più o meno giovani, ma di sinistra; però questo fatto di essere sponsorizzati provocò delle reazioni. Tutto ciò dando a Negri la capacità di una magia, che forse ha avuto: io poi ne so qualcosa. Sulla base del mio sartrsimo, io pubblicai perfino da Feltrinelli "Dominio e sabotaggio" di Negri, e lì ho rischiato anche di più: gli unici casini politici veri dopo il 7 aprile li ho avuti per questa cosa qua.

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