>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Formazione politica e culturale e percorsi successivi
(pag. 1)

> Limiti e ricchezze dei movimenti degli anni '70
(pag. 2)

> Frammentazione di una ricchezza soggettiva
(pag. 3)

> Ambivalenze degli Stati Uniti
(pag. 5)

> Possibilità di anticipazione
(pag. 6)

> Decoder e Shake
(pag. 7)

> L'esperienza alla Feltrinelli
(pag. 11)

> Le aziende della comunicazione
(pag. 11)

> Ambivalenze dellla comunicazione
(pag. 12)

> Giovani, soggettività e politica
(pag. 12)
INTERVISTA A RAF "VALVOLA" SCELSI - 20 GIUGNO 2000


Invece, lì era tutto era possibile, la gente che si organizzava per non pagare il biglietto sulle metropolitane, sulle corriere, per non pagare l'elettricità, ed erano tutte storie organizzative, quando passava il controllore tutti gli rompevano i coglioni: prendevi l'autobus per andare a Sesto San Giovanni e dicevi "io non pago il biglietto", questo qui si arrabbiava, voleva fermare il pullman e c'era la gente che non diceva a te di pagare il biglietto, ma diceva a loro di riprendere la strada. La dinamica era completamente rovesciata rispetto ad adesso, ma nelle cose concrete, in quelle piccole, per cui ti dava l'impressione veramente di avere una forza. Poi chiaramente, avendo 15-20 anni, non ti rendi conto della straordinaria assurdità della cosa, e invece poi il mondo era diverso.


Secondo te, quali sono state le maggiori cause della frammentazione e dispersione di quella grossa ricchezza che si è espressa a livello dei movimenti e del dibattito teorico negli anni '60 e '70?

Secondo me la causa fu sostanzialmente una, quella di non aver capito la partenza di un nuovo ciclo produttivo. Anche qui c'è bisogno probabilmente di tornare indietro. Che il processo di ristrutturazione in Fiat sia esploso con la cosiddetta marcia dei 40.000 è secondo me una stupidaggine: io non sono un industrialista o un fiattologo, per cui le mie sono considerazioni estemporanee, però la mia impressione è che in realtà il processo di ristrutturazione alla Fiat abbia origine all'inizio degli anni '70. E credo che il processo di germanizzazione dell'Italia (fu definito così), quindi un certo tipo di configurazione dei procedimenti penali, un certo modo di impostare il controllo sulla società, in realtà sia un'operazione che ha perlomeno come suo antesignano il governo Andreotti-Malagodi del '71-'72, se non ricordo male; poi, successivamente, ci fu l'esplosione della lotta armata ecc., ma il processo di germanizzazione dell'Italia non fu dovuto ad essa, bensì ad una risposta padronale e della Confindustria rispetto al processo ampio di rivolta e di messa in discussione degli equilibri sociali che aveva origine nel '68-'69, addirittura possiamo ritornare a Piazza Statuto. Certo, poi tale dinamica fu catalizzata dal fatto che c'era anche la lotta armata, ma il processo di ristrutturazione produttivo partì allora: il problema per loro era quello di scomporre le linee di fabbrica che rompevano le scatole. Per cui il processo di introduzione della robotizzazione in Fiat (che mi sembra abbia origine nel '75) non fu per salvare la salute degli operai, ma semplicemente per spezzare la linea: non importava che i robot lavorassero bene oppure male, ciò era assolutamente irrilevante, il problema era di spezzare la capacità operaia di controllare l'intero ciclo produttivo. Quindi, se questo era il ciclo, da una parte non fu compreso esattamente quale poteva essere la trasformazione di questo ciclo, perché poi, come è noto, si innescò l'informatica. Dei 23.000 che escono dalla Fiat, piuttosto che i migliaia che escono dall'Alfa Romeo o dalle altre fabbriche del milanese, fatto salvo una parte ampia di disagio sociale che poi si esprimerà in suicidi, la gran parte di questi operai che prendono la liquidazione o la buonuscita da parte delle aziende, le riversano in un più ampio settore del sociale, di cui chiaramente il postfordismo e la sua forma produttiva è un aspetto, ma che inizialmente prendeva la forma dei barettini che vendevano socialità. Se si va a fare la storia luogo per luogo dei locali del ticinese, alle origini i proprietari venivano tutti dalla sinistra di fabbrica: prendevano 30-40 milioni dell'epoca per accettare il licenziamento e li investivano tranquillamente nelle cosiddette osterie. Ci furono degli effetti poi da parte di questa componente ex nuova sinistra, che arrivò ad esempio sul ticinese modificando pesantemente gli equilibri di un quartiere che invece aveva delle grandi doti di tolleranza. Basti pensare alla zona che stava dietro alla Calusca iniziale, la zone della conca del Naviglio, dove c'era l'ex ospedale Ronzoni: lì sono arrivati tutta una serie di ex militanti di Lotta Continua, hanno comprato diversi appartamenti, hanno sbattuto fuori le prostitute che stavano nelle case vicine, sono riusciti a fare in modo di "bonificare" il quartiere. Il processo che ci fu, per certi versi, dapprima coinvolse l'elemento sociale, della vendita di socialità, perché questi erano soggetti che erano abituati a fare delle relazioni sociali il loro mestiere, perché erano delle avanguardie di fabbrica che comunicavano, erano in grado di interpretare i bisogni della gente, e subito ciò lo reimpiegavano in questa dimensione qui.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.