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INTERVISTA A GIANCARLO PABA - 7 SETTEMBRE 2001


Un altro aspetto significativo è che non siamo mai stati comunisti nel senso tradizionale del termine. Naturalmente abbiamo detto delle cose tremende, perché ho l'impressione che molto spesso usavamo dei gerghi sapendo che erano convenzionali. Se dovessi pensare alle cose che scrivevamo e dicevamo in quel periodo, io sono convinto che riguardandole ora sarei capace di distinguere ciò che dicevo perché era un codice linguistico di autoriconoscimento dalle cose che pensavo davvero. E le cose che pensavo davvero non erano la dittatura del proletariato (che peraltro è un'espressione che non ho mai usato). Non ho mai letto Lenin per esempio, allora mi vergognavo, poi ho scoperto che avevo guadagnato tempo nel non leggerlo; ho invece letto i "Grundrisse", naturalmente. Quindi, scopri dopo che sei stato selettivo, che hai letto i "Grundrisse" e non Lenin e che senza saperlo hai valorizzato del marxismo il filone più libertario, meno ideologico, più aperto alla comprensione, meno fossilizzato, che sei stato meno comunista e meno marxista di quello che pensavi e che eri molto più anarchico e socialista, e marxiano e libertario. Ma te ne accorgi dopo, dal modo in cui poi la tua vita ha filtrato nelle svolte che gli hai dato e anche nelle letture che hai fatto: si tratta dunque di una riflessione a posteriori.


Una breve parentesi: dopo la rottura di Potere Operaio, in occasione della seconda occupazione della Fiat, nella tipografia di PO a Firenze era stato fatto Fuori dalle Linee, una sorta di quotidiano gratuito di cui ne uscirono pochi numeri e che era un tentativo di continuazione di un certo discorso politico da parte della componente piperniana.


Ad occuparsi della tipografia era soprattutto Michelangelo Caponetto. Un'altra caratteristica del gruppo fiorentino era questa specie di concretezza, per cui molte cose si facevano a Firenze perché qui si riusciva a farle. A Firenze è stato fatto anche il giornale Potere Operaio per un certo periodo, che veniva per quattro quinti scritto da Oreste, però anche noi scrivevamo molto, traducevamo i materiali che venivano dalle altre sedi. Eravamo bravi come giornalisti, io e Pardi per esempio. Tra le altre cose funzionava anche questa tipografia. Però, sul periodo di Fuori dalle Linee non so dire molto, io non ho partecipato a quell'esperienza.


L'esperienza dei Quaderni del Territorio.

Quaderni del Territorio era una rivista che è nata nelle facoltà di Architettura, anche se non era solo di architetti, ma qui il problema naturalmente non è professionale. Intanto, col senno di poi, è abbastanza interessante il fatto che si chiamasse già allora Quaderni del Territorio: si pensi agli sviluppi successivi del tema del territorio. Molte discussioni oggi sul tema dell'arcipelago, sul tema del ruolo attivo del territorio, sulla dimensione del locale nei processi di globalizzazione, in fondo erano molto anticipati in quei numeri, anche se naturalmente a rileggerli oggi quegli articoli ci sembreranno ingenui. Secondo me ciò che c'era in nuce nei Quaderni del Territorio era l'attenzione per il ruolo che svolgono i contesti locali. Abbiamo sviluppato già allora l'idea dei luoghi come contesti in cui è possibile precipitare energie positive, organizzare nuove comunità, si direbbe oggi nuove forme di legame sociale. Questi temi sono tornati oggi, forse in modo diverso, nel mio lavoro. Credo nella capacità di trasformazione del territorio e della società locale, ho fiducia nel "margine di energia" della comunità, come lo definiva Mumford, nel ruolo non adattivo, ma "insurgent" delle pratiche di vita. Insurgent non significa insurrezionale, e nemmeno antagonista; è un termine che deriva da Patrick Geddes, grande planner e intellettuale del primo Novecento. Ecco, ora mi occupo delle forme di energia insorgente nelle città, nei territori, nelle comunità locali. Come vedi ho subito in questi ultimi anni influenze diverse da quel passato, per esempio alcuni filoni del libertarismo e del pensiero radicale di matrice anglosassone e americano, della sinistra radicale americana, nel campo del planning, che è il mio ambito di lavoro.

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