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INTERVISTA A GIANCARLO PABA - 7 SETTEMBRE 2001


Questa cosa può sembrare banale, ma vista col senno di poi è significativa; ciò è probabilmente all'origine di un'idea del gruppo di Potere Operaio e in generale dell'ambiente fiorentino come meno rilevante da un punto di vista dell'impulso dato al pensiero politico alto rispetto a Padova, dove c'erano Ferrari Bravo, Toni, Gambino e tutti gli altri, rispetto a Torino, a Milano o a Roma con Piperno. Il gruppo di Firenze veniva considerato più pragmatico, se si vuole anche meno colto, meno teoricamente attrezzato: però, aveva questa connotazione intanto più di massa, perché eravamo tanti in un certo periodo, forse ad un certo punto qualche centinaia proprio come militanti, ma ciascuno con situazioni che ci consentivano di avere come riferimento nella città un insieme di realtà significative a livello di "massa". Questo era un aspetto di saggezza che secondo me c'è sempre stato, fino direi al '71-'72, e cioè fino a che funzionò dentro Potere Operaio il gruppo di persone più giovani di Greppi, di Lapo e degli altri, ma meno giovani di quelli che sarebbero venuti dopo. Il gruppo era collocato su posizioni radicali, quindi faceva parte della sinistra di PO: gli piaceva Toni quando Toni era di sinistra, gli piaceva Piperno quando era più cattivo di Toni, ma a un certo punto facevamo più riferimento al primo che al secondo. C'era una tensione verso una visione chiamiamola rivoluzionaria in quegli anni, che però questo gruppo intermedio ha sempre tenuto con saggezza. Invece, quelli più giovani ancora hanno poi imparato la lezione in modo più radicale, e allora tra il '71 e il '72 nelle stesse situazioni nelle quali, anche positivamente, si incarnava l'attività che facevamo allora (in alcuni quartieri degradati, in alcune situazioni più spinte) è probabile che si sia anche formata una tensione sotterranea verso pratiche più aggressive e successivamente forse più armate. Queste sono poi sfuggite, però appena prima di scomparire Potere Operaio è stato forse in contatto con queste situazioni: ma non so dire molto di questo, perché il gruppo di persone di cui ho raccontato ora la storia ha sospeso il proprio ruolo dirigente proprio in quel momento, si è fermato, lasciando ad altri la responsabilità organizzativa del movimento. Non era possibile neanche fare altrimenti, perché non venivamo più riconosciuti come riferimento: forse eravamo troppo saggi, abbiamo mantenuto quella saggezza anche in quel periodo, e forse per questo siamo stati accantonati, almeno io sono stato accantonato. E quindi in modo naturale siamo poi stati fuori dal terrorismo, dalla diaspora di alcuni nostri militanti nelle formazioni che hanno praticato la lotta armata, qui con qualche iniziativa non così drammatica (ma qualcuna sì, qualcuno dei più giovani è entrato nella cronaca nazionale). Abbiamo subito anche noi il 7 aprile qualche mese dopo, il 21 dicembre è stato infatti la sua coda fiorentina, siamo stati inquisiti tutti: non siamo stati arrestati perché a Firenze non c'era Calogero, e perché tutto sommato i magistrati inquirenti avevano una rappresentazione abbastanza esatta di cosa accadeva, sapevano bene chi faceva che cosa, e quindi avevano un quadro piuttosto preciso delle responsabilità. Questo è il motivo per cui nessuno di noi è stato in carcere, tranne il periodo in cui Michelangelo Caponetto è stato arrestato per una sciocchezza di movimento, in quanto denunciato da un professore. Ma nessuno di noi, di quelli che non passeranno alla lotta armata, finirà dentro; andrà in galera qualcuno degli altri, ma si tratta di altre storie che poi hanno raccolto flussi diversi. Io quindi so poco di questo periodo, di che cosa in altre sedi in rapporto a questo passaggio significativo abbiano fatto Oreste o Toni o altri.
Gli sviluppi successivi, la lotta armata appunto, poi il movimento del '77, avverranno all'interno dell'ambito costruito negli anni precedenti, quindi con un ruolo ancora rilevante della facoltà di Architettura, però fuori da un rapporto con il personale politico operaista di PO che aveva lavorato fino al '71-'72. E nel '74-'75-'76-'77 il nostro è diventato più che altro un gruppo di riflessione politica e di azione intellettuale nell'università. Come sempre quando si parla di alcune cose poi magari si vedono dei fili che non si notavano prima: forse questa caratteristica, questo interesse verso le piccole cose significative che avvengono nelle città è una costante di tutta l'attività politica e intellettuale di un gruppo di persone da Potere Operaio a Quaderni del Territorio ad oggi. Non so cosa abbia detto Magnaghi nella sua intervista, ma questa vicenda poi riparte addirittura nel 1989 e '90. Si riprendono i contatti con Alberto, si scrivono delle cose, si organizzano dei convegni, e gli anni '90 sono caratterizzati da un insieme di iniziative, di riflessioni, di azioni, di libri scritti, di esperienze fatte che sono riassunte nel libro di Magnaghi "Il progetto locale", che nasce appunto da tutto questo.

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