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INTERVISTA A TONI NEGRI - 15 OTTOBRE 2001


Quello che è sicuro è che veramente la guerra diventa in maniera diretta l'elemento fondamentale di razionalità del governo; ed è una guerra civile endogena all'impero, perché non è più una guerra tra nazioni. E' proprio il concetto stesso di guerra che finisce. Tutta la storia dello scudo spaziale, ad esempio, è molto divertente, perché parte da un interesse nazionale americano che è posto contro l'interesse repubblicano di partecipare all'impero, se si vuole i liberali e i conservatori negli Stati Uniti si battono su questo: il progetto di dominio capitalistico è intero, solo che gli uni vogliono farlo contrattualmente, e gli altri vogliono farlo come nazione. Quindi, c'è evidentemente un grosso gruppo politico-industriale che vuole creare lo scudo perché cerca di mantenere l'idea dell'insularità americana. Poi gli arrivano quegli aerei, oggi maledetti ma dentro un'astuzia della storia strana, dato che gli fanno capire che questa insularità non esiste più. Si trovano a dover cambiare strategia, perché su ciò loro si erano costruiti: il conservatorismo americano è stato sconfitto in una maniera folle da quei due aerei. A questo punto devono dare una figura nazionale a un progetto che era repubblicano. Io poi penso che ci sia dietro anche un'altra faccenda che verrà usata, non è sicuramente dentro all'11 settembre ma sarà una delle sue conseguenze, e riguarda la costruzione dell'Euro. Questa era qualcosa che agli americani non andava proprio giù, e d'altra parte a partire dagli anni '60 ogni volta che c'è un avanzamento nella costruzione europea c'è una crisi petrolifera: di ciò se ne può stare sicuri, senza fare il nostradamus c'è veramente una coincidenza assoluta. E adesso, infatti, daranno una botta, per le fabbriche di beni di consumo europee sarà un'altra grande crisi.


In questo scontro tra capitalismo americano e capitalismo islamico, mancando altro, la Chiesa rischia di essere il terzo incomodo.


Solo che la Chiesa in questo momento è completamente paralizzata, dipende tutto dal risultato di che cosa accadrà. C'è il portavoce del papa, dell'Opus Dei, che dice certe cose, poi immediatamente il papa dice che non è vero, Ruini dice altro: dalle serie di posizioni contraddittorie si capisce che lì la lotta è completamente aperta, non si sa mai. Qui sta veramente cambiando tutto.


Quanto avvenuto l'11 settembre e in seguito è indubbiamente stato un pesante macigno per i grossi spazi di movimento e di dibattito che si erano aperti soprattutto dopo Genova.

Ciò è fuori dubbio, però ho l'impressione che su questo ci siano possibilità di rilancio. Qui, ad esempio, c'è il gruppo di ragazzi con cui faccio Posse, lavorano all'università e sono quelli che hanno diretto le lotte l'anno scorso: sono tutti ottimisti, la cosa assolutamente fondamentale è quella di riprendere questa soggettività politica. Infatti, adesso probabilmente si riesce anche a recuperare una serie di "vecchi", diciamo così, perché la cosa sta ripartendo: tra l'università, quelle due o tre situazioni operaie importanti inserite sul territorio, che io ho seguito direttamente l'anno scorso, c'è forse la possibilità di mettere in piedi niente di più che una produzione nuova di soggettività, perché questo è assolutamente fondamentale. Poi il problema però non resta lì, perché la questione non è quella di produrre soggettività come nostre piccole macchinette, ma è quella di far partire delle grandi matrici, e questo Genova poteva esserlo. Sono per certi versi d'accordo con le critiche alla gestione politica, però è anche vero che senza alcuni di quei difetti e di quei limiti sarebbe stato molto difficile arrivare alla situazione genovese, ti avrebbero attaccato prima. Io non credo che lì fosse possibile inscenare direttamente quello che è un motore di riproduzione politica.


Oggi c'è lo spazio che si apre nell'ormai probabile tracollo dei DS, perché lì la lotta è tra quelli che cercano di resistere 5 anni sperando nell'alternanza di governo e chi vuol provare a cambiare qualcosa ma in termini parecchio confusi. Quindi, c'è chi può pensare di ricoprire, in termini di presenza sociale e istituzionale, gli spazi che resteranno vuoti conseguentemente a questo probabile tracollo, muovendosi tra un certo riformismo, affrontando i nodi del rapporto tra istituzioni, politica e movimenti.


Certamente il problema grosso, secondo me, è come gestire la crisi sociale dei DS in termini che a me piace chiamare di esodo: per creare una nuova sinistra, che non abbia più nulla a che fare con quel socialismo.

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