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INTERVISTA A TONI NEGRI - 15 OTTOBRE 2001


In "Empire" tu sembri fornire una grossa rilettura di quella che è la dimensione capitalistica.


Non mi pare così, lì io invece utilizzo proprio uno schema classico dell'operaismo: il capitalismo risponde alle lotte operaie. Il capitale è un rapporto, il capitale risponde alle lotte operaie e l'impero è la risultante di due grandissimi processi: uno è quello delle lotte operaie, che dimostrano che lo spazio dello Stato-nazione non è più capace di regolazione, la spinta sul salario è tale da determinare inflazione generalizzata; a partire da questa esiste o la repressione, che non è possibile in un regime taylorista, o il controllo monetario ad un livello più alto, e quindi il superamento intero della situazione dello Stato-nazione. L'altra grande pressione è quella delle lotte anticoloniali, che veramente premono in maniera pesantissima impedendo al capitale la possibilità di scaricare le contraddizioni a quel livello. Quindi, c'è la necessità di costruire degli strumenti di controllo mondializzati: l'impero non è il mercato globale, è la costruzione di strumenti di controllo a quel livello. Dal punto di vista capitalistico ovviamente c'è la valutazione del cambiamento dell'organizzazione del lavoro, ma è soprattutto la conseguenza di queste cose, quindi c'è l'asse e la forma biopolitica, in cui il rapporto fra comando capitalistico e in generale forza-lavoro nelle sue diverse articolazioni è effettivamente molto legato a quella che è la gestione dei ritmi vitali delle forme di vita. E' nelle forme di vita che oggi comincia a riassumersi sia il lavoro attivo, sia la riproduzione (quindi i consumi), sia la forme di immaginario, e via di questo passo. Quindi, c'è un'insistenza molto forte sulla struttura biopolitica. Evidentemente, a questo punto, c'è l'altro passaggio da fare che è quello nel biopotere, cioè cosa fanno questi nella situazione attuale: io comincio ad essere preoccupato, sono capaci di avvelenare il mondo. Questo capitalismo è veramente un po' nella merda, non è che abbiano moltissime strade. Anche perché effettivamente il rinnovamento informatico della produzione ha costruito un mercato enorme nella prima fase, ancora grandi spazi di apertura, ma poi diventa reale solo quando anche questo si concretizza, cioè si lega alla struttura della produzione e della riproduzione: gli ordinatori non sono mica semplicemente Internet e idee che girano, si avrà il frigo con gli ordinatori dentro. Dunque, questi sono spazi enormi, ma questo capitale prima o dopo ridiventa fisico: l'ordinatore si ricollega al frigo o all'automobile o agli aeroplani (speriamo il più tardi possibile, perché a quel punto non ci vorrà più neanche il kamikaze suicida!). In un articolo del Corriere della Sera di oggi dicono che un missile che è caduto su un quartiere di borghesia afghana (quel poco che ancora esiste) è stato un errore umano, dovuto ad uno che gira una rotellina, come quella dei timbri di data: è così che secondo loro è andata la cosa, spiegazione che è insieme atroce e stupida.


Come analizzi il nuovo quadro internazionale che si va configurando dopo l'11 settembre e l'attacco all'Afghanistan?

Evidentemente c'è il tentativo americano di mettere le mani sulla regione, che è sempre stata il ventre molle del capitalismo internazionale, in questo mescolamento di interessi. Lì c'è una classe dirigente ignobile, costruita dal colonialismo, Bin Laden ha datato la cosa dicendo "sono ottant'anni, esattamente dalla fine dell'Impero Ottomano nel 1920". Se non ci fosse Israele la situazione avrebbero potuto metterla a posto, modificandola man mano con i soliti giochi delle rivoluzioni più o meno progressiste, mandandoci i loro laureati di Harvard a dirigere quei paesi, costruendo degli strati di borghesia produttiva, ricostruendo gerarchie. In realtà, si trovano in una situazione che è assolutamente pazzesca, perché l'unico ricambio che hanno, malgrado tutto, è proprio quello di questa classe operaia alta, professionalmente molto capace, costituita dai palestinesi: su tutto il Golfo Persico quando non sono i palestinesi sono gli iraniani. Quindi, si trovano in una realtà completamente folle a questo punto, e l'hanno costruita loro. Si pensi poi alla situazione in Pakistan, non so veramente cosa andrà a succedere lì.

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