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INTERVISTA A TONI NEGRI - 15 OTTOBRE 2001


Da un tale punto di vista, per esempio, è fuori dubbio che la sconfitta degli anni '70 dipenda da questo: da una sottovalutazione della capacità istituzionalizzatrice (a un certo momento noi dovevamo mettere i piedi per terra), e da una sopravvalutazione della forza del movimento. Ciò oltre ovviamente alla deriva estremistica che c'è stata. Secondo me, il problema grosso era quello di fissare il doppio potere. Lì c'eravamo arrivati, soprattutto a Milano, si cominciava forse nel Veneto, ma il capoluogo lombardo era allora senz'altro il momento più avanzato: eravamo riusciti a stabilire un rapporto di egemonia anche sul movimento studentesco, su questa vecchio massa bruta e dura, però poi le cose sono andate come sono andate, evidentemente non ce l'abbiamo fatta. C'è da dire che noi stessi eravamo attraversati da pulsioni diverse e contraddittorie. Lì probabilmente era completamente finita una capacità di direzione, perché i compagni si erano sparsi e via di questo passo. Ultimamente mi è capitato di guardare i giornali di allora (io non li posseggo più, ma a Balestrini è arrivata questa roba da Milano e ho dato uno sguardo): certo, c'era una linea dentro che correva, c'era un progetto di quel tipo, ma vedevi proprio delle oscillazioni tremende di direzione politica.


Tu hai prima parlato, detta in altri termini, della composizione tecnica di una forza-lavoro che nel processo produttivo eroga maggiori capacità intellettuali. Però, di per sé composizione tecnica e composizione politica coincidono oppure no?

Oggi mi sembra che siano molto distanti. Composizione era anche un linguaggio che si era depositato, erano delle istituzioni. Io penso a mio nonno, per esempio: è nato nel 1870, è venuto via dalla campagna ed è arrivato a Bologna nel 1896. Lì è diventato operaio nei trasporti pubblici interni che erano ancora a cavalli; è entrato immediatamente nelle cooperative, nel sindacato, è vissuto a partire dagli anni '10 in una casa delle cooperativa rosse. Poi c'è il fascismo, il figlio a cui ne succedono di tutti i colori, c'è la fondazione del Partito Comunista. Questa è la composizione politica, è una cosa maledettamente densa. Oggi che composizione politica si ha? Prendiamo un ragazzo di trent'anni oggi, che composizione politica ha? Può essere un precario, magari è andato su e giù dalla fabbrica, o è passato al terziario ed esprime questo tipo di forza-lavoro, certamente ha un livello di bisogni, se è intelligente, sveglio e reattivo al rapporto di sfruttamento oppone una gamma di desideri, ha un bisogno assoluto di cooperazione: probabilmente è questo il terreno, il rapporto tra solitudine e complessità determina una reazione. Però, una volta detto questo, qual è la composizione politica? E' fuori dubbio che l'importanza del movimento di Seattle è stata il fatto che ricomponeva: con il movimento di Seattle è la prima volta che si ricompone il ciclo. Quella degli anni '70 non è una sconfitta secondaria: questi rompono la composizione politica, rompono quella tecnica, rompono il ciclo delle lotte. Quello degli anni '60 è l'ultimo grande ciclo di lotte moderno, come lo chiamo io, adesso siamo in questa fase post. Scrivevamo in "Empire" con Michael Hardt che ci sono state delle lotte (da Tiananmen al Chiapas, dall'Indonesia ai movimenti francesi dell'inverno '95) tutte estremamente importanti, tutte ormai dirette contro il livello mondiale del comando, e però erano lotte che una con l'altra non avevano niente da dirsi. Oppure si pensi alle lotte dei neri di Los Angeles, che rivelavano queste sacche di terzo mondo che ci sono nel primo. Ma non avevano nulla da dirsi l'una con l'altra: l'enorme e straordinaria importanza di Seattle è che ricostruisce il ciclo. Infatti, questo è uno dei grossi problemi di oggi, perché il ciclo è uno degli elementi fondamentali nella costruzione del linguaggio, e quindi della composizione politica, che non è il rispecchiamento meccanico della composizione tecnica. Per esempio, la composizione tecnica era mutata dall'operaio professionale all'operaio-massa, ma la composizione politica aveva avuto una continuità: ed è probabilmente quello che noi avremmo dovuto fare negli anni '70, determinare la continuità tra il vecchio e il nuovo movimento, tra il vecchio movimento operaio e il nuovo movimento che io allora chiamavo dell'operaio sociale, definizione per cui tutti mi dicevano che ero un farabutto, una delle poche cose di cui ho orgoglio, l'orgoglio della teoria riemerge, perché era vero, anche se la parola era assolutamente un bisticcio. Per quanto riguarda la composizione politica oggi, il fatto che ci siano sempre queste centinaia di migliaia di persone che in una maniera o nell'altra si mettono fuori può essere significativo. Su questo c'è il problema del progetto, che a un certo punto può diventare una scommessa.

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