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> Percorso di formazione politica e culturale e figure di riferimento
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(pag. 4)

> Giudizio politico su Classe Operaia
(pag. 5)

> Alcuni giudizi politici
(pag. 6)

> Analisi delle posizioni in Classe Operaia
(pag. 7)

> Limiti e ricchezze di Potere Operaio e dell'Autonomia
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(pag. 13)

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(pag. 14)
INTERVISTA A TONI NEGRI - 13 LUGLIO 2000

Nel frattempo, nell'ultimo anno di università, quando ero stato a Padova (perché prima avevo continuamente viaggiato) per fare la tesi e perché dovevo finire gli esami (e fare in fretta, con tutti i viaggi che avevo fatto durante il periodo universitario), avevo fatto il direttore di questa strana cosa che era mezza cattolica e mezza socialista, era l'Intesa Democratica, ma non quella che c'era a livello nazionale, che si chiamava semplicemente Intesa ed era un prolungamento della FUCI (Federazione Universitaria Cattolici Italiani); lì invece era una cosa strana che avevamo messo in piedi con questo gruppo di amici cattolici che stavano seguendo più o meno le mie stesse evoluzioni, infatti sono diventati tutti laici, tranne quelli che si sono fatti preti e sono partiti in missione via dal Veneto, è stranissima questa cosa. Ce n'è uno ad esempio che è diventato gesuita e ha lavorato per anni e anni nel nord-est brasiliano facendo dei corsi eccezionali, costruendo grandi cooperative di poveri, di contadini ecc., si chiama Umberto Pietrogrande, un altro era francescano, anche lui missionario in Africa: insomma, quelli che sono rimasti cattolici se ne sono andati. Tra quelli che sono rimasti qui c'era Paolo Ceccarelli, che è diventato architetto e che è stato rettore di Venezia, c'era Laura Balbo, quella che è stata anche ministro, e via di questo passo. Era un ambiente di estrema ed enorme vivacità intellettuale proprio in questa solitudine: adesso c'è la solitudine e non c'è più la vivacità intellettuale di allora. Poi noi nel Veneto stavamo vivendo una cosa assolutamente incredibile, cioè questa trasformazione, tra gli anni '50 e gli anni '60 lì esplode il capitalismo, si capisce che cos'è il capitalismo pezzo per pezzo: questo è assolutamente incredibile. Quando io ero bambino, durante la guerra, quando ero stato sfollato in campagna, c'era veramente un paese di contadini poveri che emigravano, che stavano via, tornavano con quel po' di soldi quando tornavano; ciò anche rispetto al mantovano, dove andavo spesso dai miei nonni in campagna, i quali avevano una piccolissima impresa, si mangiava il pane bianco, c'era il formaggio, invece nel Veneto non c'era veramente niente, proprio miseria. Lì invece cominciano a nascere le fabbrichette, gli emigrati iniziano a non partire più: lì comincia la scoperta della grande fabbrica. Dal punto di vista accademico io sono stato molto fortunato, subito dopo Napoli ho fatto un anno in Francia, poi ho fatto il mio secondo libro che era la mia seconda tesi, sul giovane Hegel, che è anche quella una tesi completamente e fondamentalmente lukàcsiana, con Hyppolite alla scuola normale superiore a Parigi; poi torno e nel '58-'59 faccio immediatamente la libera docenza, che era questo esame che c'era allora. Mi iscrivo al Partito Socialista a Padova, che era una sezione di sinistra, e lo faccio con questi altri compagni (Ceccarelli, la Balbo e via di questo passo): ci iscriviamo al Partito Socialista perché ci sembra libero da incrostazioni staliniste che ci davano molto fastidio fin da allora. Lì comincia l'amicizia con Guido Bianchini, Tolin, formiamo questo primo gruppo di compagni all'interno del Partito Socialista, e ci incrociamo con Panzieri attraverso Mimmo Cerallo, che era il segretario della federazione ed era uno che era stato mandato lì da Morandi e dal suo gruppo. Io mi incontro con Panzieri e comincio andare su e giù da Torino a queste riunioni più o meno mensili dei Quaderni Rossi, inizio a frequentarli dalla formazione del primo numero ed entro nella redazione con il secondo numero. Intanto la mia carriera universitaria era completamente bloccata per le mie posizioni politiche, in più sono a Giurisprudenza che è una facoltà particolarmente reazionaria, infatti resto come assistente straordinario, guadagnavo niente, vivevo facendo traduzioni di libri gialli e bollettini editoriali, tutto questo lavoro assolutamente precario, era quello mi dava da vivere. Lì c'è questo professor Opocher che mi dà effettivamente una mano, mi stima, mi vuole bene: faccio dunque un libro sul formalismo post-kantiano, è un testo molto accademico, molto filologicamente piantato, ha avuto fortuna persino in Germania tra gli studiosi appunto del periodo post-kantiano. E' un libro che faccio fondamentalmente sui fondi di Ravà a Padova e sul fondo Martinetti a Torino, una biblioteca, andavo su e giù, facevo Quaderni Rossi e il libro, che esce nel '62. Nel frattempo traduco Hegel per Laterza, "Gli scritti minori di filosofia e diritto".



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