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INTERVISTA A TONI NEGRI - 13 LUGLIO 2000

A me sembra che effettivamente bisogna andare avanti nell'analisi di questa nuova antropologia della moltitudine. Ci sono già cose bellissime, le nuove forme di lotta, come si organizzano, come vengono fuori; adesso, per esempio, sto facendo un grosso sforzo per raccogliere tutti i materiali rispetto soprattutto al grande ciclo di lotte nel sud-est asiatico, nell'estremo oriente, dalla Corea fino all'Indonesia, che adesso sono state poi stravolte in guerriglie identitarie e via di questo passo, ma tutto ciò ti dà ancora di più la misura di quale deve essere stato proprio il contenuto di classe e di sovversione che c'era dentro a tutto questo processo. Attraverso questi compagni americani con cui lavoro sto appunto cercando di rimettere in piedi questo tipo di analisi, perché lì hanno l'enorme facilità di vedere questa gente, possono fargli fare le tesi su questi argomenti, cosa che qui purtroppo non si ha; poi c'è letteratura, ci sono traduttori anche delle lingue più bastarde. Quindi, io cerco di far fare queste cose qui e poi d'altra parte invece di andare a fondo proprio nello studio dell'antropologia, per esempio mi interessano enormemente tutte le cose sull'antropologia soprattutto del femminismo più avanzato, ci sono delle cose molto belle ormai, che non hanno più quel senso polemico e quelle forme che ti impedivano veramente anche la lettura certe volte, perché si spostavano su obiettivi che erano poi di emancipazione: oggi invece sono proprio tematiche di antropologia di liberazione reale, quindi cominciano a essere estremamente interessanti. Vediamo se riusciamo a combinare tutta una serie di temi filosofici nel secondo numero e lì cominciamo a mettere giù con questi compagni americani una serie di tematiche su queste cose, mettendo insieme analisi delle lotte, analisi del lavoro ovviamente, analisi della riproduzione sociale, e poi dico veramente antropologia del corpo, perché lì diventa fondamentale, nuova origine dei bisogni, queste cose qui. Per esempio, che cosa significa salario oggi? Se di queste cose ne parli con Christian Marazzi gli scappa persino da ridere, ti dice che il salario per gran parte dei vecchi svizzeri significa le azioni che hanno lì, è questo il loro salario, è guardarsi alla mattina come sono andate ecc.; ma anche in questi quartieri periferici qui intorno che fan paura, il Prenestino e via dicendo, non è molto diverso. Io lavoro con un paio di comitati di fabbrica, ci divertiamo da morire a fare delle cose bellissime (nel prossimo numero di Posse ci saranno queste analisi di fabbrica che sono molto belle): allora vado lì e veramente ci sono questi qua davanti alle banche, ci sono gli schermi in cui corrono i prezzi delle azioni e loro sono lì a guardarseli, a giocare, passano il tempo, guadagnano la vita, cosa vuoi di più? Sono proprio felici.


Tu prima dicevi che è aumentato in maniera enorme il livello dei bisogni, che il capitalismo deve regolarsi su questo nuovo livello e non è detto che ce la faccia...

Non si tratta di bisogni, si tratta delle forme di cooperazione, che è una cosa diversa. Ci sono delle forme di cooperazione che devono commisurarsi ai bisogni: per esempio, se io ho dei bisogni che cominciano a diventarmi puramente intellettuali, è chiaro che ho bisogno e devo cooperare per produrre in questi termini, cioè a livello di quelle che sono le mie capacità mentali. E se mi viene negato questo, mi viene negata quella che è una cosa assolutamente centrale, fondamentale, una cooperazione in divenire linguistico, ma poi vicino anche a questo è il divenire finanziario, economico, materiale, tutto quello che c'è insomma. Quando si parla di nuove forme di cooperazione si parla evidentemente del modo di stare nel sociale, di costituire il sociale. E quando tu approcci questa necessità una delle caratteristiche assolutamente fondamentali di tutto questo è di essere smisurato, nei due sensi: da un lato non è possibile farne misura, dall'altra parte è talmente ricco da non poter essere adeguato alle misure attuali. C'è veramente una crisi di misura nello sviluppo capitalistico oggi, ed una crisi di misura è una crisi fondamentale, centrale. Per battere la classe operaia, per battere il socialismo il capitale ha fatto un salto in avanti mostruoso, recuperandolo dai bisogni dei movimenti, dal rifiuto del lavoro in su: e a questo punto non è detto che ci riesca, o comunque deve innovare la sua organizzazione in maniera enorme, l'ha già fatto attraverso la globalizzazione, adesso bisogna vedere per il resto.

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