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INTERVISTA A YANN MOULIER BOUTANG - 7 LUGLIO 2001
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Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale?

Il mio percorso di formazione è complicato, perché di fatto ho cominciato a stare più o meno a sinistra, ma generica, molto mendesiana, prima del '68: forse certi punti erano prossimi ai gaullisti di gauche, questo è il primo orientamento. Il mio percorso personale è molto complicato, mio padre non l'ho visto prima della classe di filosofia, in quanto mia madre aveva voluto così, dal momento che lui era piuttosto dell'estrema destra e quindi lei temeva che potesse avere su di me delle forti incidenze intellettuali. Dunque, sono stato allevato dal suo secondo marito, un corso professore di inglese: questi era molto legato al partito comunista fino al '56, poi ha iniziato ad avere forti riserve e ha chiuso col partito comunista quando siamo partiti per il Brasile nel '62. Dopo di che, prima di partire per il Brasile, io ho saputo che mio padre non era il primo marito di mia madre, cioè Moulier, ma era un altro: l'ho poi visto e incontrato solamente a partire dal '66-'67. A quel punto lì io stavo per fare degli studi di architettura, di fatto c'è stata una deviazione perché sono andato a fare la Scuola Normale: pur non condividendo del tutto le scelte politiche di mio padre, pur trovando che lui aveva un tipo straordinario, ho fatto questa Scuola Normale che mi ha orientato verso la filosofia, che ho fatto con Louis Clavel. Da una parte ho visto molto Gabriel Marcel, facendo della filosofia tradizionale e dall'altra parte ero piuttosto legato per amicizia a persone del movimento prima del '68, che si caratterizzavano come gente piuttosto di sinistra, mi ricordo ad esempio discussioni sulla seconda guerra tra Israele e i palestinesi nel '67. Arriviamo poi al '68, fase in cui sono stato coinvolto molto rapidamente in un milieau di sinistra: è stata una politicizzazione di massa, di uno che stava piuttosto dietro le cose e che viene coinvolto in primo piano, ma portato, non c'era una pianificazione, non avevo pensato di fare così. Dopo di che ho partecipato a tutte le manifestazioni: io avevo compagni che erano coinvolti nel Vingtdeux Mars, ho fatto naturalmente il 13 maggio, le barricate ecc. E' molto esemplare che, non essendo nulla in questo movimento, ho portato lo striscione in testa alla manifestazione, dopo di che mio padre ha visto le foto sui giornali, si è arrabbiato moltissimo, siccome mia nonna, che avevo visto molto poco, è morta in quel periodo, mi ha detto che io l'avevo ammazzata; poi, dal momento che sono entrato nella Scuola Normale, si è un po' calmato, a quel punto poteva essere una sorta di riconoscenza tra potenze.
Dall'autunno del '68 fino al '71-'72 ho cercato un po' quello che mi interessava. Avevo già letto Machiavelli, il "Manifesto", le cose classiche, poi ho incominciato a leggere più seriamente e ho incontrato della gente molto interessante, marxisti parasituazionisti che facevano una rivista che si chiamava Poesie et Revolution, Jean Ouver e altri; Ouver, ad esempio, è stato scelto da Maximilian Rubel per aiutarlo nelle edizioni di Marx nella "Pleiade". Rapidamente sono entrato in contatto con l'ultra-gauche, la più pura, si trattava di gente come Daniel Saintgerme, l'ultima parte di Socialisme au Barbarie, quella che ha fatta Information et Corrispondance Ouvriere. Tra l'altro ho partecipato all'ultima riunione di Noir et Rouge, che erano Vingtdeux Mars, ho incontrato tutta la sua vecchia guardia. Erano piuttosto anarchici, perché politicamente io ero assolutamente convinto dell'utilità della critica sociale e dell'intervento operaio, però non vedevo perché passare attraverso il PCF e neanche vedevo la pertinenza dei marxisti-leninisti, non ero molto interessato dai trotzkisti ed ero molto critico sul tipo di appoggio ai vietcong nella guerra del Vietnam, perché mi sembrava già una ripetizione della lotta di liberazione algerina. Mi interessavano allora le Cahiers du Mai, di Information et Corrispondance Ouvriere, ho partecipato per quasi un anno a tutta questa vicenda; poi andavo alle assemblee e lì ho incontrato compagni italiani che una volta mi è capitato per caso di ospitare nella mia casa, perché in quei tempi c'era gente che veniva da lontano e dopo le assemblee li si ospitava. Sei mesi dopo, nel '69, sono stato contattato da uno che si chiamava Beppe Bezza che faceva l'operaio alla Renault: mi ha chiamato sulla questione della mensualizzazione, il problema di questa iniziativa capitalistica che è stata la vera risposta al '68, Pompidou e il progetto di nuova società, contratto di progresso negli enti pubblici ecc. Lui mi ha chiamato dicendo che aveva fatto un documento, un volantone sulla mensualizzazione: ho letto queste tre o quattro pagine, naturalmente era in un francese orrendo, però sono rimasto stupito perché era probabilmente la prima volta che leggevo qualcosa che aveva un simile interesse.

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