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INTERVISTA A YANN MOULIER BOUTANG - 7 LUGLIO 2001


Questa è una parte, l'altra è la questione teorica che mi interessa: in questa transizione da un capitalismo all'altro, come dice l'attesa della modernizzazione, oggi è un po' la stessa cosa: bisogna andare a vedere i rapporti con la nuova economia non tanto e non solo come una modernizzazione del capitalismo con gli strumenti finanziari e liberali, ma veramente come una crisi dell'ipotesi del capitalismo industriale, cioè ristabilire questa dimensione della crisi. Perché quando c'è potere finanziario c'è dietro una crisi, cioè quando il potere si configura solamente con il comando della moneta probabilmente c'è un'ipotesi di crisi fortissima del centro del potere. Quindi, dovremmo cercare di vedere queste cose e probabilmente anche la posizione che si assume se caratterizziamo questo passaggio al terzo capitalismo come un capitalismo cognitivo, che cosa cambia nel quadro del marxismo classico, direi anche dell'operaismo. Per esempio, stavo pensando alla riduzione del lavoro vivo al lavoro morto, leggendo naturalmente i "Grundrisse" e gli altri classici, e adesso penso che abbiamo veramente un nuovo tipo di sfruttamento, che è produzione del lavoro vivo a mezzo del lavoro vivo tramite lavoro vivo. Cioè, l'impossibilità di eliminare o di ridurre il lavoro vivente a mero macchinario, capitale ecc. Il che cambia tutto sulla questione del comando, perché questo non può essere dato dall'apparato del capitale fisso: dunque il comando ridiventa il comando degli affetti, questi nuovi operai cognitivi hanno più potere di quello che avevano i tecnici sul capitale materiale, perché non sono più riducibili e ricontrollabili tramite il peso del capitale. Dunque, tutta questa storia sul digiuno del capitalismo, cioè di farlo diventare più svelto e più magro, non è una storia solo di profittabilità, è piuttosto il contrario. Si prenda ad esempio l'allargamento nelle start-up: è chiaro che il capitale vero di quelle start-up sono i salari, sono il lavoro vivo, ma ciò nella contabilità classica ed economica non può essere valutato in questa maniera, perché il salario è visto come un costo ma non come un investimento. Non sto parlando del fordismo, ma non è visto a livello della produzione come il vero capitale, mentre invece nella produzione dell'hardware e del software, il wetware (che è la mente) e il netware (che è la rete) sono più importanti, sono legati completamente tra di loro: più o meno a livello dell'economia politica siamo tornati a Quesnay, abbiamo bisogno di un nuovo "Tableau General" perché adesso la produzione di valore e di ricchezza ha completamente cambiato di senso. Questo probabilmente significa che senza un mutamento radicale del salariato, un indebolimento del salariato come tipo di controllo, non si darà un regime stabile di controllo di questo lavoro dipendente che produce conoscenza; nel terzo capitalismo, detto cognitivo (mi sto riferendo anche al lavoro di Rullani, anche se noi stiamo lavorando a una problematica vicina ma un po' diversa), la produzione del valore si fa producendo novità; però, la novità non è più innovazione rispetto alla diffusione e via dicendo, ma è direttamente la produzione di innovazione usando la rete, usando l'attenzione. Dunque, il controllo dell'attenzione e della rete non si può dare con il salariato classico, è probabilmente necessario il suo indebolimento, siccome la conquista della libertà formale, giuridica, il diritto alla fuga è stata la conquista fondamentale del salariato puro, anche se ha funzionato nell'economia e anche altrove nel centro, come l'ho chiamato io, con un salariato imbrigliato, con il 35-40% della forza-lavoro mondiale che è stata imbrigliata, non libera; però, adesso penso che il lavoro dipendente, producendo la parte maggiore del valore, dovrà probabilmente riconfigurarsi con il tipo di cose che sono la garanzia del reddito universale, cioè una base fondamentale molto più larga che lascia la capacità di attività agli individui, cioè crearsi il senso perché il capitalismo abbia il problema di pagare i costi di transazione di questa cosa, che stanno diventando altissimi, ma che spontaneamente si organizzano molto bene. Dunque, penso che probabilmente questo aggiornamento radicale del salariato è la cosa che manca oggi, e il welfare-state vi è legato naturalmente, perché finché non avremo questo regime avremo l'instabilità finanziaria, c'è la gestione del rischio sistemico che abbiamo ora in quanto non c'è questa liberazione del salariato. E questa è un po' la chiave di comprensione per il futuro, per il tipo di battaglia sia attorno alla riforma dello Stato sia alla forma del diritto del lavoro ecc., per l'organizzazione del lavoro indipendente, ma in modo operaio, che funzioni come la nuova classe. Quali sono oggi i nostri famosi fisiocratici, probabilmente tutto questo settore che fa a meno del 10% della forza-lavoro sono un po' i nostri operai di Manchester. Bisogna pensare come organizzare la politica, l'intervento, anche l'idea di liberazione di soggettività, di creazione, di trasformazione attorno a questa ipotesi fondamentale.

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