>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Percorso di formazione politica e culturale
(pag. 1)

> Relazione sulla composizione di classe
(pag. 7)

> Ipotesi sull'operaismo
(pag. 10)

> Autori e figure di riferimento nel dibattito oggi
(pag. 12)
INTERVISTA A YANN MOULIER BOUTANG - 7 LUGLIO 2001


Mi ricordo perfettamente che l'anno in cui è scoppiata la famosa questione attorno alla catastrofe di Formi (se non sbaglio attorno al '93 dell'800) è esattamente il punto in cui arriva l'operaio italiano e gli operai francesi smettono di ricavare metà del loro reddito dall'agricoltura: essendo stato tagliato questo "giardino" dell'operaio francese, questo operaio si trovava con il salario solamente come mezzo di reddito e con il salario della fabbrica, si rifiuta di stare nella fabbrica, e comincia la crisi, si chiamano quindi gli italiani e gli altri, e si degradano anche le condizioni di lavoro, perché questo Formi è l'inizio della fuga dei francesi dalla miniera, l'inizio della sostituzione molto rapida con i minatori polacchi, italiani ecc. Questa cosa è stata importante per il resto della ricerca che ho fatto sulla schiavitù; ma nello stesso momento in cui io facevo questa ricerca sulla composizione della classe operaia francese o di Francia, mi ricordo perfettamente che incontrai i piccoli gruppi di militanti che intervenivano sull'immigrazione, attorno agli immigrati arabi. Con questi amici portoghesi avevamo fatto già allora un collettivo sui sans papiers, sui senza documenti, poi abbiamo incontrato dei compagni del MTA, che erano usciti dal comitato Palestina, scioltosi quando la Gauche Proletarienne è scoppiata completamente. Questo movimento di lavoratori arabi ha fatto una cosa pazzesca, un grande sciopero, è riuscito a fare il blocco della fabbrica Citroen di 25.000 operai in cui c'erano 22 nazionalità. Era molto affascinante vedere come un piccolo gruppetto fosse in sciopero contro il razzismo: c'erano infatti stati dei moti di lavoratori algerini che erano stati ammazzati a Marsiglia e avevano quindi fatto questo sciopero contro il razzismo, non sapendo quasi nulla dell'interno della fabbrica, mentre invece tutti i gruppetti di Vive la Revolution e gli altri stavano lavorando lì da anni per tentare di entrare dentro e di fare qualche cosa. C'è stato il corteo interno e poi hanno bloccato la fabbrica: questa cosa era molto interessante, perché ti dava anche una lezione di politica. Sono poi rimasto in contatto con questi soggetti che erano veramente interessanti come tipo di militanti e per il rapporto tra il territorio e l'interno della fabbrica, una cosa molto interessante anche per quanto riguarda la soggettività operaia. Vivevano in condizioni pazzesche, direi di miserie, di vita incredibile, ma erano legati ad un'esperienza collettiva, ad una comunità esterna alla fabbrica, e hanno resistito perfettamente alla sconfitta interna, non faceva loro nulla. Mi sono probabilmente reso conto a quel punto che l'organizzazione interna della fabbrica non interessava più questo nuovo tipo di militanti, cioè che dal territorio si prendeva la fabbrica, non il contrario. Queste persone erano anche legate ad esperienze violentissime, perché i comitati Palestina nel '72 erano veramente considerati dei terroristi da qualsiasi ente statale; però, questi avevano anche una capacità di sentire quello che si può fare e quello che non si può fare che non esisteva più all'interno della fabbrica. Penso che anche questa forza interna è diventata una debolezza. Dunque, per me l'esperienza politica italiana era più la fine di un processo terzinternazionalista che l'inizio di uno nuovo. Allora, tornando alla questione dell'immigrazione, abbiamo fatto lo sciopero dei sans papiers, sciopero della fame, organizzazione delle nuove nazionalità, e poi abbiamo fatto anche intervento sulla scuola da piccolo gruppo, perché ogni due anni nella scuola c'era una nuova onda di contestazione. Il che era accomunato a questa storia dell'autonomia, abbiamo fatto una rivista, in piccolo abbiamo vissuto un po' tutti i percorsi italiani, però in una situazione da una parte molto più debole, dall'altra molto più prefigurativa del futuro, perché attorno alla vicenda del '77, dell'appello contro la repressione in Italia, c'è il legame con tutta una parte di gente attorno a Guattari. Si è così determinata un'area dell'autonomia che andava dai desideranti ai più organizzati ed era significativa, che immediatamente si è confrontata con delle questioni non facili, come la ristrutturazione della siderurgia e il nucleare. Sulla ristrutturazione della siderurgia abbiamo avuto un intervento veramente importante, che ha preoccupato seriamente anche il PCF, ed è la manifestazione dei metalmeccanici a Parigi nel '79: è stato molto significativo, se ne è discusso, ci sono stati arresti per dimostrare che questi autonomi facevano casino, hanno arrestato 300 prima della manifestazione, ma questa si è fatta comunque ed è stata importante. E' stata una componente vitale della svolta politica dell'81, dall'altra parte c'erano anche i movimenti dei disoccupati, perché abbiamo lanciato i primi comitati non per l'impiego ma all'interno delle strutture della disoccupazione, che sono stati più o meno la base su cui si è organizzato il movimento ma 15 anni dopo.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.