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INTERVISTA A GIORGIO MORONI - 7 LUGLIO 2001


Questo ha delle ricadute sul nostro processo perché Peci, tra le altre cose, ha fatto anche il nome dell'avvocato Edoardo Arnaldi, difensore legale delle Brigate Rosse, ma in realtà, secondo Peci, ad esse affiliato o comunque molto vicino. Arnaldi, che è uno straordinario personaggio, giovanissimo partigiano, poi avvocato civilista, una persona di una grande nobiltà di tratti e di carattere, difensore mio e di molti degli imputati, si suicida nel bagno quando i carabinieri vanno ad arrestarlo. Anche altri nostri difensori vengono incriminati, e c'è chi fugge, come Zezza e come Fuga. Rimaniamo cioè senza collegio di difesa.
C'è tra l'altro una considerazione che voglio fare, dal momento che prima ho parlato del processo agli imputati del 17 maggio come del primo processo degli "anni di piombo". In realtà sappiamo che questa espressione, anni di piombo, viene tratta dal titolo del film della Von Trotta che nei primi anni '80 arriva in Italia e colpisce tutti con la sua narrazione esistenziale dell'esperienza terroristica. In realtà il titolo originale del film non è "Anni di piombo" ma è "Anni plumbei": ora, è evidente che c'è un'enorme differenza sostanziale tra anni plumbei e anni di piombo, anche perché la Von Trotta per anni plumbei intende gli anni del nazismo. Il film tratta a fondo il tema del senso di colpa della generazione nata dopo la guerra rispetto a ciò che il popolo tedesco ha visto fare e a cui in gran parte ha partecipato. Invece, in Italia questa diventa un'espressione chiave per dire banalmente tutt'altro, per cui da una parte e dall'altra, da tutte le parti gli anni '70 diventano gli anni di piombo, gli anni delle pallottole: questa è una contraffazione totale della verità storica, una falsificazione della realtà, perché quegli anni furono tutto tranne che anni di piombo. Non lo furono dal punto di vista della temperie generale, perché furono anni di grande ricchezza creativa e culturale: il '77 italiano fu un anno ricchissimo sia dal punto di vista della critica sia da quello della modernizzazione del paese; ci sono stati il '74 e il '75 a Milano, ma anche l'esperienza di Balbi e quindi genovese, l'esperienza delle radio e delle mille riviste alternative, quindi furono anni gioiosi. Non lo furono neppure dal punto di vista militare, perché in realtà ciò che accadde in quegli anni, esaminato freddamente, è nulla rispetto a ciò che accadde negli stessi anni in Irlanda o in quelli successivi nei Paesi Baschi. Anche quando recentemente Oreste Scalzone in "Il nemico inconfessabile", questo libretto che ha pubblicato per Odradek con Paolo Persichetti, tende ad accreditare questa immagine di 100.000 persone in armi o comunque disposte a prendere le armi in Italia, e lo fa attraverso modi che sfiorano l'autodenuncia, in realtà è egli stesso preda di questo generale misunderstanding. Perché in realtà, se ci si pensa bene, le Brigate Rosse (e questa è verità storica) avevano qualche mitraglietta Skorpion che si passavano da un covo all'altro per fare gli attentati; io credo che l'arsenale di cui potevano usufruire i gruppi armati italiani forse, dico io, poteva consistere in cinque mitragliette e una cinquantina di pistole. Vale a dire che la Repubblica italiana non ha mai corso nessun pericolo, questo è quello che andrebbe raccontato e io avrei piacere che il discorso sugli anni '70 cominciasse proprio da questa eliminazione di un grosso falso: non sono mai stati gli anni di piombo, lo sono diventati a partire da questo misunderstanding sul titolo di un film. Bisognerebbe quindi cominciare a non usare più questa nefasta espressione.
Tornando al processo, posso dire che esso è importante in quel momento, poi non se ne parlerà più e diventerà una serie di storie individuali. Il fronte degli imputati si spacca tra coloro che lo affrontano come processo di guerriglia, come i brigatisti rossi fino a quel momento arrestati avevano fatto, e cioè gli imputati non intendo riconoscere i giudici come tribunale legittimato a giudicarli, e quindi secedono dal processo, lo abbandonano; e coloro che invece, siccome si rendono conto di trovarsi di fronte a una provocazione poliziesca senza fondamento, decidono di rimanere per smontare la montatura ritenendo che questa sia comunque un'opera doverosa, forse semplicemente una questione di buon senso. Tutto questo viene letto assai difficoltosamente all'esterno dal movimento, anche perché questo in quella fase è interessato agli aspetti simbolici, è già un movimento sulla via della rotta, e quindi non apprezza il fatto che i compagni imputati non assumano tutti un atteggiamento clamoroso da erinni, da vestali della rivoluzione. C'è infatti una spaccatura che si riproduce anche all'esterno e che ci amareggia abbastanza. Io sono tra coloro che decidono di combattere questa battaglia, partecipando al processo e smontando la montatura. Lo faccio insieme ovviamente ad altri compagni, che mi piace ricordare: Mauro Guatelli e Claudio Bonamici per esempio, un bordighista ed un anarchico, questo per dire che in realtà Dalla Chiesa aveva organizzato un blitz in cui aveva raccolto una minestra toscana di compagni, autonomi, Lotta Continua, bordighisti ecc. Claudio Bonamici io l'ho conosciuto in carcere, era un mio coimputato, la colonna genovese delle Brigate Rosse secondo i Carabinieri era anche formata da me e da lui, ma l'ho conosciuto solo in galera!

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