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> Percorso di formazione politica e culturale e inizi dell'attività militante
(pag. 1)

> Gianfranco Faina e il gruppo genovese di Classe Operaia
(pag. 4)

> La forza operaia e il rosso del tramonto
(pag. 9)

> Limiti e ricchezze dell'operaismo, nodi aperti
(pag. 11)

> Il "poligono" dell'operaismo
(pag. 12)

> La perdita del rifiuto del lavoro
(pag. 13)
INTERVISTA A GIORGIO MORONI - 7 LUGLIO 2001


Ciò vuol dire che a loro volta non si baloccano con l'ipercriticismo tipico dell'IS, con quel modo così solenne e spocchioso con cui poi l'IS va verso la dissoluzione e l'ineffettualità totale. Io non divento un situazionista, non sono stato un allievo di Faina: però il suo magistero a Genova è forte ed ha ispirato ed anche dato luogo a qualche esperienza molto significativa del movimento a Genova: ad esempio, l'occupazione della facoltà di Filosofia di Balbi nel '74, che a quel tempo è l'unica facoltà occupata in Italia, occupiamo l'università con la finalità quella di sperimentare un'alternativa alla didattica, non una didattica alternativa. Nascono dei centri di interesse in cui noi tutti assieme ad un consistente numero di docenti della facoltà diamo vita a dei corsi interdisciplinari aperti a studenti, operai e proletari, quindi Balbi diventa un'università aperta; e l'obiettivo che ci poniamo come comitato di agitazione è quello di ottenere la fiscalizzazione dei corsi. Otteniamo l'appoggio di un consistente numero di docenti tra cui vanno ricordati Costantini, Surdich, Calligaris, spiacevolmente (questo ovviamente lo dico oggi) anche Fenzi. Ovviamente poi l'esperienza si conclude, però lascia una traccia indelebile nel panorama genovese. Voglio sottolineare il fatto che a questi corsi alternativi alla didattica partecipano anche numerosi operai, quindi vengono in università, oltre a Giuliano Naria, anche gli altri strani pochi e operai genovesi che le fitte maglie del sistema picista ogni tanto lascia filtrare: Angelo Moreschi, Angelo Rivanera, qualche operaio di Lotta Comunista. Per circa 4 o 5 mesi Balbi diventa il centro dell'iniziativa politica cittadina, e questo si realizza secondo me proprio in virtù di questo contatto molto produttivo tra noi, che venivamo dall'esperienza di Potere Operaio e che rimanevamo assolutamente operaisti circa la concezione, la preminenza del soggetto e certamente poi per il discorso sul piano, la tecnica molto trontiana della lotta di classe concepita come partita di scacchi, in cui c'è tutto un insieme di mosse, di contromosse, di occupazione di un terreno culturale dell'avversario, e l'esperienza situazionista mediata e interpretata in modo assai militante da Gianfranco Faina e dagli altri, con i suoi percorsi transdisciplinari, antropologici, teorico mitologici, che mostravano un nuovo potenziale critico dell'azione politica. Io ricordo che, sulla scia di questa esperienza, avevo fatto anche un tentativo veramente assurdo (era un gioco in realtà) di riportare ad una comunione ciò che era stato inesorabilmente spezzato: avevo organizzato un incontro a Genova tra Toni Negri e Gianfranco Faina. Dall'incontro emergevano gli stessi vecchi approcci molto comuni, c'era una eccezionale amicizia tra Toni e Gianfranco. Faina (più o meno coetaneo di Toni) era stato l'intellettuale comunista di punta del panorama cittadino: precocissimo segretario della FGCI, uscito dal partito dopo i fatti di Ungheria del '56, ma continuamente considerato come un intellettuale che prima o poi avrebbe dovuto fare e contare qualcosa nel partito, quindi dotato anche di un grandissimo seguito a Genova anche dopo la sua uscita. Era una persona veramente atipica, un oratore molto particolare, con la voce un po' fessa, capace di esprimersi in dialetto genovese nei momenti più opportuni: non era un tipico leader, quindi non una persona che sta costantemente sul palco o dietro le quinte, ma sta in platea, un punto di riferimento mai centrale ma sempre visibile. Alla fine delle lotte di Balbi con Faina decidiamo di aprire una sede al Carmine, ma a quel punto si va verso non precisamente una spaccatura, bensì verso la sua fuoriuscita dalla scena politica: di fronte alle tracce evidenti di una sconfitta che per lui era già data nei fatti, imbocca un percorso fatale. Se ne va da Genova e si mette con un gruppo anarco-lottarmatista: negli ultimi tempi aveva eliminato anche i libri dal suo istituto, era una persona che aveva imboccato un percorso fatale, conclusosi con il carcere e poi con la morte per cancro.
Nel 1976 io faccio il servizio militare a Padova. Val la pena di ricordarlo perché lì nasce l'unica esperienza significativa dell'Autonomia Operaia o comunque di derivazione operaista sull'esercito: a Padova fondo insieme ad altri compagni i MAO, Militari Autonomi Organizzati, che poi diventano una rete assai precaria di contatti a livello nazionale, in conflitto piuttosto aperto con i Proletari in Divisa di Lotta Continua e in ogni caso con ogni altra iniziativa sul medesimo terreno dei gruppi. I MAO si differenziano perché conducono una lotta contro la leva, facendo un discorso di totale opposizione ad essa, di svuotamento delle caserme, di opposizione comunque all'esercito, di sabotaggio.

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