>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Percorso di formazione politica e inizio dell'attività militante
(pag. 1)

> I Comitati Autonomi Operai
(pag. 5)

> La divisione tra Rosso e i Volsci
(pag. 10)

> Limiti e ricchezze dell'esperienza romana
(pag. 13)

> I nodi aperti
(pag. 16)

> Conflitti e ricomposizione di classe
(pag. 18)

> Possibilità di un soggetto di classe centrale
(pag. 21)

> Soggettività politica e attualità del comunismo
(pag. 22)

INTERVISTA A VINCENZO MILIUCCI - 11 LUGLIO 2000
Scarica
l'intervista
in doc


Scarica
l'intervista
in rtf


Qual è stato il tuo percorso di formazione politica e culturale e quali sono state le tue prime esperienze militanti?


Io provengo da una famiglia operaia e quindi ho avuto sempre in casa questi riferimenti: lo scontro di classe che si viveva in prima persona nel dopoguerra, l'Unità, il giornalino de l'Unità per i giovani, Il Pioniere, che ci si immagini che all'epoca era completamente filonucleare. Quindi, tenuto conto che ho sempre convissuto come idee nell'area di sinistra, nelle scuole degli anni '60 non c'erano movimenti adeguati a quelli che si è poi potuto conoscere successivamente e anche in epoca attuale, dunque non ci sono state che pochissime manifestazioni più che altro di pensiero piuttosto che di mobilitazione. L'esperienza del militare che mi ha portato al Nord mi ha fatto concepire tra l'altro il conoscere tanta disperazione della gente del Sud che veniva mandata lì: io ho fatto il militare in una zona Nato, una delle più grandi tra le basi d'Italia, e sono arrivato con il grado di caporalmaggiore, tranquillamente e senza nessuna richiesta, mandavano diplomati e laureati a fare questo controllo di truppa. Io mi ero portato su un po' di dischi e tra questi c'era anche l'Internazionale, e per il primo scaglione che si è congedato ho fatto il presentatarm con l'Internazionale, ciò in una situazione completamente dominata dalla Nato, negli anni '65-'66. Così è stato per gli altri quattro scaglioni che se ne sono andati; per gli artiglieri, che erano poi sotto il mio "comando", c'è stato il saluto come si faceva nel circuito militare (nell'emiciclo con l'alzabandiera ecc.) ma con l'Internazionale che scorreva. Ciò giusto per dire che non era una boutade, era un fatto che veniva acquisito, non dico che ce ne fosse completamente piena coscienza ma sicuramente era determinato dalla stima, dal rispetto, dalla solidarietà tra le persone, tra coloro i quali si sentivano molto simili pur non avendo la percezione politica.
Poi ci fu il ritorno a casa dal militare, la discussione con i primi giovani che partecipavano nell'università ai fatti post-'66, a Roma c'era stato l'omicidio di Paolo Rossi ancora una volta da parte dei fascisti; quindi, alcuni di questi che poi diventarono compagni erano universitari e discutevamo ai muretti dell'epoca che erano i bar. Ci agganciò un compagno più vecchio di noi che ci disse che era del Partito Comunista, diventammo amici dato che si viveva e si discuteva come si dice, e un bel giorno alla vigilia del '68 ci propose di riaprire la sezione del Partito Comunista di un quartiere periferico di Roma, di una zona edile. Le sezioni delle periferie del PCI all'epoca, fino alla metà degli anni '60, erano state tutte chiuse, perché la mescita del vino gli aveva completamente distrutto i quadri per cui non era più accedibile poter fare attività politica, un po' come quello che avviene oggi in qualche centro sociale dove lo spaccio della birra, per non dire qualche altra cosa, ottenebra le menti e quindi diventa un motu proprio di mercificazione piuttosto che attività politica: in quell'epoca ci sono varie letterature e libri scritti su questa vicenda, almeno una decina, su questa distruzione delle sedi del Partito Comunista a causa della permessività, a quell'epoca la sezione diventava un po' un'atipica osteria, si veniva in sede per bere un litro di vino. Allora la sezione era stata chiusa, ci presentarono due capi nobili del Partito Comunista dell'epoca, uno era uscito dai campi di Dachau ed era l'ex colonnello comandante partigiano della piazza di Roma, arrestato nell'autunno del '43, si era fatto questo campo di concentramento ed era tornato; l'altro era un senatore che ebbe un episodio notevole durante il fascismo perché, essendo incazzato a morte per la collusione tra fascismo e Chiesa cattolica, prese un martello, andò dentro San Pietro e diede una martellata sul piede della Pietà, quindi è noto per questo, all'epoca era definito anarchico, poi diventò senatore del PCI. Uno si chiamava Forti e l'altro si chiamava Cianca, oggi non c'è più nessuno dei due, erano già anzianotti all'epoca. Loro però erano i numi tutelari, dove passavano si aprivano le porte di Botteghe Oscure: prima facemmo una grossa discussione politica con costoro, noi ventenni-venticinquenni e loro già cinquantenni-sessantenni, affidarono le sorti della rinascita di questa sezione a questi giovani in maniera molto veloce alla vigilia del '68 e a metà del '67 aprimmo questa sezione. Era un buco dentro un quartierino popolare tutto abitato da edili, iscrivemmo più o meno 130 edili e poi questo senatore, questi compagni: era la vigilia dello Statuto dei lavoratori, c'era la storia delle occupazioni delle case, c'era già il comitato d'agitazione borgate.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.