>Home >Interviste
>Home page
>Interviste
>Riviste
>Bibliografia
>Il dibattito oggi
>Ricerca sul femminismo

> Percorso di formazione politica e inizio dell'attività militante
(pag. 1)

> I Comitati Autonomi Operai
(pag. 5)

> La divisione tra Rosso e i Volsci
(pag. 10)

> Limiti e ricchezze dell'esperienza romana
(pag. 13)

> I nodi aperti
(pag. 16)

> Conflitti e ricomposizione di classe
(pag. 18)

> Possibilità di un soggetto di classe centrale
(pag. 21)

> Soggettività politica e attualità del comunismo
(pag. 22)

INTERVISTA A VINCENZO MILIUCCI - 11 LUGLIO 2000


Roma era piene di borgate, si viveva nelle lamiere, quelle che si vedono adesso alle periferie del mondo, c'era la mancanza di scuole, di servizi, di strade, di luce, di fogne, insomma quello che era l'agit-prop dei bisogni. Quindi, ci riuscì facile, anche per la rete che offriva il Partito Comunista dell'epoca, di organizzare la soddisfazione di questi bisogni: eravamo presi da tantissimo entusiasmo, vivevamo chiaramente insieme attività politica e personale. La sezione fu inaugurata da Enrico Berlinguer, presumo (adesso non ricordo benissimo) per i trascorsi di questi due grossi personaggi: all'epoca Berlinguer era vicesegretario del PCI sotto Longo. Uno dei primi passi che facemmo fu l'ospitalità a un'importante delegazione vietnamita (a quell'epoca eravamo la generazione Vietnam), per cui il fatto che in una piccolissima sezione di periferia arriva il numero quattro o cinque del Partito Comunista vietnamita ha un certo significato; questi fu accompagnato sempre da Enrico Berlinguer presumo sempre per questi due numi tutelari che avevano tutte le porte aperte e Botteghe Oscure. Io feci la prima e ultima campagna elettorale nel maggio del '68, quindi capì come funzionava anche qui la campagna elettorale, molto pulita, senza andare, come faceva la Democrazia Cristiana, a prendersi anche i militanti in carrozzella, ma sicuramente però ricordando a tutti che bisognava andare a votare presto la mattina e tutte queste robe qui, preceduta da un grosso battage: ognuno di noi diventò un piccolo agit-prop, l'avevi fatto già nel sociale poi dovevi farlo nel politico per le elezioni, quindi hai battuto tutto il quartiere e hai cominciato a conoscere, oltre al quartiere tuo in cui ti sentivi come un pesce nell'acqua, anche il quartiere limitrofo, perché le elezioni abbracciano chiaramente le zone più estese. Noi stavamo in un quartiere molto nero, io ci abitavo lì dentro, quindi questa presenza diurna e notturna ti fece apprezzare moltissimo e quanto meno conoscere, e questa è una delle caratteristiche che insegnava il PCI all'epoca a tutti. In più, questi tre giovani compagni che furono contattati dai vecchi per riaprire la sezione, a scalare ognuno divenne poi segretario di quella sezione. Io ero stato appena assunto all'Enel, ero fuori e dunque mi trovavo solo il fine settimana con questi compagni, quindi toccò a me, alla vigilia del '68, diventare il segretario. In questa situazione ci fu un'accelerazione perché le elezioni furono vinte, nel senso che il movimento studentesco votò rosso, diede l'indicazione di votare PSIUP e PCI, con l'adunanza a piazza San Giovanni di Longo dove parlò anche Oreste Scalzone con questa indicazione. Ci fu tutto questo e la discussione di notte con i giovanissimi compagni dell'università che già davano luogo al movimento studentesco attraverso i gruppi, a Roma erano i Nuclei Comunisti Rivoluzionari, c'era il primo Potere Operaio ecc.; quindi la sera passava tra una facezia, uno scazzo, "vieni tu dentro il PCI" "no, esci tu dal PCI", "guarda come stanno le cose" "guarda come non stanno" ecc., ma soprattutto poi la discussione politica seria cominciò a partire dalla primavera di Praga. Quel '68 con i carri armati a Praga portò a una discussione pazzesca, anche perché la storia di questa generazione politica era fatta di un dibattito collettivo: chi oggi si metterebbe a discutere politicamente "Il capitale" a partire dal primo libro, oppure "Salario, prezzo e profitto", oppure i "Grundrisse" ecc.? Eppure all'epoca o eri in dieci o eri spesso anche in venti o trenta si discuteva collettivamente, magari con qualcuno che relazionava in sintesi e gli altri che facevano domande, anche quelli che non sapevano nulla dell'ABC del marxismo. Quindi, sul documento di Dubceck e del Partito Comunista cecoslovacco, che ci appariva molto moderato all'epoca, facemmo moltissime discussioni, capendo la situazione, rigettando chiaramente l'invasione sovietica e non solamente per spirito di solidarietà con coloro i quali venivano aggrediti, ma anche perché non c'era mai appartenuta, essendo arrivati nel '67-'68, quel grande rispetto nei confronti dell'Unione Sovietica, anche se a casa mia avevo un padre stalinista e c'era il rispetto che ne veniva da l'Unità. Dunque, ci fu la discussione sul documento dubceckiano e poi su quello ancora peggiore delle trecento parole di Ota Sik, che era l'economista del partito: sembravano nettamente e spudoratamente identici alla socialdemocrazia italiana che aborrivamo mentre tenevamo in giusto rispetto la socialdemocrazia svedese per quello che leggevamo della ridistribuzione della ricchezza sociale che era stata in grado di poter fare in quella situazione, quindi per noi era un valore da mettere in una giusta collocazione pur se noi chiaramente pensavamo a tutt'altro, al ribaltamento appunto del capitalismo.

1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23

Per informazioni scrivere a:
conricerca@hotmail.com

.