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INTERVISTA A VINCENZO MILIUCCI - 11 LUGLIO 2000


La lotta per la casa. Noi siamo un paese in cui il 74% ha in proprietà la casa, a differenza del 30% del sistema inglese, del 36% tedesco e francese, quindi dovrebbe essere soddisfatto il bisogno della casa, chiaramente rispetto al fatto che ancora venti milioni di persone ancora non ce l'hanno in proprietà, la case popolari non se ne costruiscono più, c'è un accentramento nelle metropoli con quello che significa il pagamento di affitti ecc. Invece, c'è questa tradizione di battaglie su tutto il territorio nazionale, in particolare su questo territorio laziale, io sono nato qui con il comitato di agitazione borgate, ma ho vissuto subito Quarto Oggiaro a Milano, Nichelino a Torino, Porto Marghera, sono andato in quelle lotte sviluppate. Dunque, ciò testimonia che questo ciclo dei bisogni, questo ciclo dei diritti è un ciclo che è rimasto, ha un suo radicamento, ha una sua storia, ha una sua cultura, ha una sua propedeutica, appartiene non solamente a chi le fa le cose ma appartiene al ciclo delle università, al ciclo della cultura cinematografica, delle antologie. Tutto questo insieme alla vicenda ambientale, ho citato più volte la Germania che è l'altro paese dove la battaglia antinucleare è stata vissuta con una profondità estrema, in virtù della frontiera che rappresentava, frontiera significava Nato, Nato significava ogive nucleari, il che significava la rappresentazione finale di quello che avevano vissuto durante la Seconda Guerra mondiale, la distruzione delle più grandi città tedesche ecc. Per questo c'è stato il riversamento nel movimento studentesco tedesco piuttosto che nelle Rote Arme Fraktion o nelle cellule del movimento nucleare per questa occupazione militare americana, perché poi c'era questo doppio senso, era intrinseco sul nucleare ed era anti-imperialistico. Ma noi siamo partiti qui e abbiamo portato avanti quel movimento in maniera fondamentale, nell'arco di tempo di otto anni questo movimento è passato da un'iniziale battaglia persa a una vittoria totale e ha costruito una generazione che ha inteso liberarsi di queste pestilenze oltre che di parte di questa sovraesposzione del capitale; ed è passato con altrettanta velocità, anche con certe pause, a capire il valore del rifiuto delle biotecnologie, del perché l'elettrosmog è dominato dalle grandi multinazionali, il significato degli inceneritori ecc.
Tutto questo è il prodotto di una società matura, in via di maturazione, in via di crescita; è ancora una forma separata, spesso non è connettibile, ma laddove l'operato della forma antagonista, della forma anticapitalista riesce ad avere sul territorio espressioni plurime, ricompositive, di per sé già ricompone una parte di questo spaccato. E se questo spaccato iniziale riesce ad essere includente piuttosto che escludente, quindi fa venia di tutta una serie di cristallizzazioni, separatezze, contraddizioni che si è portato appresso, scontri spesso inutili dal punto di vista dei principi, credo che riesca ad incontrare un formidabile spaccato di società che è disponibile ad affrontare un passaggio di superamento di questa società capitalistica che ci si presenta davanti in forma disperante. Anche coloro i quali hanno soddisfatto al meglio le misure sostanziali del benessere sono sicuramente insoddisfatti rispetto a questa continua capacità repressiva e militare, a questa limitazione delle libertà, dove tutto è libero di circolare dal punto di vista delle merci tranne che le idee, gli uomini, le persone. Quindi, sotto questo profilo non ho formule di ricomposizione, ma una minima forma di avvio di quello che potrà essere il tentativo di riproporsi all'interno di un connettivo che merita una sua ricomposizione e riaggregazione non è sicuramente sul circuito parlamentare, elettorale, bensì in una forma ampia di consulta, convergenza, convenzione, coordinamento, non so che nome dargli, sarebbe inutile dare il nome perché magari viene subito bruciato, e che abbia sia una dimensione territoriale che una sua dimensione nazionale. Su questo ci voglio mettere di mezzo anche l'ultima vicenda del Gay Pride: è stata una manifestazione politicamente tremendamente importante, l'aspirazione a uno Stato laico, uno Stato comunardo, lo definisco così, in cui siano messi in comune i mezzi di proprietà, in cui ci sia la laicità, la possibilità di respirare libertà. Se 200.000 persone, di cui molte più di 100.000 erano persone non omosessuali, hanno voluto partecipare a questo, rifiutando i diktat della Chiesa cattolica, del governo, di questa stupidità, di questa disgrazia che abbiamo della sinistra, io sono convinto che ci sia questa maturità, a cui manca i motivi di espressione. Noi ne abbiamo fatti tanti di errori anche per l'immagine che ogni tanto diamo di noi stessi, ma si può rappresentare un punto di svolta, un punto nodale dopo che loro (cioè la situazione generale del popolo italiano) hanno verificato l'impossibilità di altre forme; questo segno lo voglio ricavare anche dalle ultime quattro elezioni dove il livello di astensione è andato dal 30 al 50%, dalle elezioni amministrative a quelle europee, per non dire poi di aver fatto fallire gli ultimi due referendum.

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