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INTERVISTA A MARIA GRAZIA MERIGGI - 14 OTTOBRE 2000
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Qual è la tua analisi della recente riforma dell'università e, più in generale, come affronteresti il discorso della formazione?


Ho tentato in questi anni di seguire questo discorso. Sono state fatte moltissime riunioni (veramente decine di ore) come commissione didattica per approntare la laurea triennale. Ma una posizione critica ho cercato di farla passare attraverso l'unico luogo contenitore che avrebbe dovuto consentirlo, cioè le riunioni del sindacato SNUR-CGIL, che è un sindacato assolutamente non rappresentativo della docenza, perché questa è organizzata tutta in sindacati microcorporativi e in generale si tratta di un tipo di persone che hanno un rifiuto veramente arcaico di vedersi come lavoratori. Perché la progressione di carriera passa talmente tanto da un sistema cooptativo, in una maniera così totale, da non lasciare spazio all'idea neanche remota di contrattare collettivamente nemmeno una parte della propria attività lavorativa. Quindi, per esempio, il fatto che la retribuzione sia ferma da anni e recuperi in ritardo e parzialmente l'inflazione e ormai il fatto di non essere contrattualizzati ci nuoccia, non viene mai detto; tanti lo sanno, ma molti non se ne rendono nemmeno conto. Faccio questa premessa e sfogo: noi siamo agganciati alla media degli aumenti retributivi ottenuti l'anno precedente dal pubblico impiego. Quindi, abbiamo un aggiornamento, deciso dall'Istat sulla base della media degli aumenti ottenuti l'anno precedente. Quindi se in un anno non c'è un buon rinnovo contrattuale, l'anno seguente noi non abbiamo nessun incremento. Questo lo sanno tutti (o almeno molti) però l'idea di delegare ad un ente, ad un'organizzazione che ha una rappresentanza di interessi non legati alla docenza anche solo una parte del proprio lavoro, è una cosa che viene guardata con fastidio dalla grandissima maggioranza dei docenti. Quindi, la maggior parte degli universitari sono iscritti a sindacati microcorporativi: degli associati, degli ordinari, dei dottorandi ecc. Dunque, la CGIL non è rappresentativa della docenza, però ha utilizzato questa occasione per fornire alcuni luoghi, due o tre giornate di incontro e di discussione sulla riforma.
La riforma comporta due aspetti molto diversi fra loro: uno ha un rapporto con il mondo studentesco diretto e uno indiretto. Parto da quello più breve, diretto. La riorganizzazione del modo in cui verrà fatta la didattica comporterà molte più ore di lezione, 120 ore di lezione anziché le 70 di adesso, però naturalmente non le puoi erogare tutti insieme: quindi, si prevedono sostanzialmente due semestri con una presenza prolungata nell'università, nell'impegno che fai con l'università, questo nell'ambito dell'autonomia. C'è la quantificazione precisa delle ore spese in attività gestionali, dai consigli di laurea, ai dipartimenti, ai consigli di facoltà, tutorato ecc. Devo dire per esempio che ho notato con dispiacere che i deputati di Rifondazione l'ultima cosa che fanno è chiedere magari lumi a chi in università ci lavora, quindi escono delle proposte davvero sconcertanti, del tipo: 1500 ore di presenza nella sede di servizio. Queste cose non passano perché sono i cosiddetti "baroni" (parola che ormai fa ridere) a non volerlo, però se io dovessi prestare 1500 ore nella mia sede di servizio non farei niente, mi dedicherei all'uncinetto, a sferruzzare, perché nella sede di servizio quando ho visto i miei studenti uno per uno non ho un luogo dove io possa lavorare, in quanto come storica lavoro su fonti o al massimo biblioteche ultraspecializzate. Per quanto riguarda la ricerca che non sia ricerca scientifica, c'è stato per molti anni all'università uno spazio di crescita di una ricerca autonoma che poteva (naturalmente se voleva) indirizzarsi a un contatto, diretto o indiretto, a progetti conflittuali o comunque di libera crescita di saperi finalizzati non solo all'accademia e soprattutto alla formazione della forza-lavoro: questo ormai invece è assolutamente residuale, cioè uno lo deve fare nei suoi ritagli di tempo. Per esempio, io sono andata a finire una ricerca d'archivio a Parigi questa estate, non avevo altro modo, non potevo fare altro. Non voglio impietosire nessuno, per carità, se penso ai problemi del lavoro parasubordinato a domicilio, ai call centers, ai posti dove ci si ammala, o si inalano veleni, per carità, sono uiltraprivilegiata. Però sicuramente l'università non sta più pensando e non vuole più permettere spazi liberi per la ricerca, che non sia una ricerca finalizzata ad una spendibilità immediata, in casi ottimi come la medicina o magari invece per l'industria farmaceutica piuttosto che per la chirurgia o l'informatica.

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