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INTERVISTA A MARIA GRAZIA MERIGGI - 14 OTTOBRE 2000


Poi ho imparato molto anche da Franco Della Peruta, però non sono una sua allieva diretta. Invece sono stati molto importanti per me le persone che ho incontrato in Francia, cioè all'Ecole des hautes etudes en Sciences Sociale, Madeleine Reberioux e Robert Paris soprattutto, con il quale ho fatto il dottorato. Anche loro in modi diversi sono molto attenti al primato delle fonti. Paris non tanto alla fonte archivistica, perché lui ha una formazione letteraria, quanto il testo minore, quindi non "Il capitale" ma "L'organization du travail" per dire, cioè quei testi che non restano assolutamente e giustamente nella storia delle idee ma sono quello che i militanti leggono, e non solo i militanti; testi che formano un cortocircuito, creano mentalità e ti danno l'idea di qual è la mentalità di un gruppo sociale in una determinata epoca. Adesso io ho necessariamente più rapporti istituzionali, però non tanti; ora per esempio sono iscritta alla Sissco, la Società degli storici contemporanei italiani, ci sarà un convegno a Siena sul problema della democrazia come campo di pensiero, ci andrò, dirò alcune cose. Però, tutto sommato il luogo dove io più mi confronto è non la Fondazione Feltrinelli, ma la sua Biblioteca, perché adesso fra le attività della Fondazione e il fondo della Biblioteca c'è una certa differenza: la Fondazione tende a formare (buttiamola lì) il quadro culturale della sinistra di governo, in modo dignitoso, persone come Sapelli e Veca tutto sommato avercele! Sapelli è uno storico dell¹impresa molto simpatico, da moltissimo tempo appartenente alla destra della sinistra, ma quando ci sono gli scioperi in Corea brinda (è uno che ama brindare, diciamo che brinda più volentieri!). Però la Fondazione si occupa di politica generale, di formazione degli amministratori... Invece la Biblioteca possiede una massa enorme di testi, di brochures, di manifesti, di giornali, di materiale documentario dal '700 al '900 inglese, francese, spagnolo e tedesco, cioè qualcosa che sta a pari con l'Istituto di Storia Sociale di Amsterdam. Solo che tale Istituto si è formato per il deposito di archivi dei più grandi partiti socialisti europei durante il fascismo e poi è sostenuto dal governo, l'Olanda è un paese ricco dove i beni culturali da proteggere sono relativamente pochi, quindi dispongono di mezzi veramente straordinari; infatti vai lì e scopri che finanziano generosamente ricerche sui loro fondi, ad esempio c'è uno studioso che si dedica solo alla nuova edizione critica dell'opera di Marx (e lo pagano perfino, l'invidia mi contorce proprio!), e questo non fa altro, non deve spiegare agli studenti che anarchico e oligarchico sono due cose diverse, cosa che mi è capitata, non per fare la corrispondente di "io speriamo che me la cavo", però è accaduto. Comunque, lasciando stare queste lamentele, la Biblioteca della Fondazione così ricca è un luogo dove sinceramente io ho gli scambi più utili per il mio lavoro, soprattutto con il direttore che è David Bidussa, uno storico con tratti di genialità; non solo è molto bravo ma ha anche un'inventiva intellettuale; lui ha circa 45 anni e quindi è proprio di quella generazione dove invece si erano chiusi gli spazi; la differenza di età che c'è fra noi è piccola, ma ha fatto in modo che quelli della sua età spesso non hanno avuto borse, assegni che poi hanno consentito di trovare lavoro nell'istituzione universitaria. Invece, David ha avuto la bellissima occasione di lavorare in Biblioteca; certo, è chiaro che adesso preferisce stare lì che all'università. Dunque, quello è il mio ambito dialogico.


Hai avuto rapporti con Gaspare De Caro?

No, io l'ho sempre letto con moltissimo interesse, sia lui che Coldagelli. Ho difeso in più occasioni, anche "pericolose", le sue posizioni su Salvemini. Quindi, apprezzo le cose che ha scritto De Caro. Certamente oggi quelle stesse posizioni ,che io ritengo ancora valide, però probabilmente potrebbero essere scritte in un altro modo, motivandole molto di più: l'unica cosa che premia sempre è fare un testo a tesi ma dotarlo di una tale massa di informazioni che quando uno ha chiuso il libro ne sa molto di più, è una cosa che comunque ti evita i problemi dello scontro ideologico. Ciò mi sembra anche più giusto, visto che purtroppo oggi non c'è uno spazio di espressione molto diverso, quindi è sempre meglio dare moltissimi incrementi di sapere. Invece, meno male che non mi chiedete di Romolo Gobbi, non capisco cosa gli sia successo...

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